Un’altra sentenza della Cassazione Civile, la n.29157 del 12 novembre 2024, si pronuncia su un caso di mesotelioma pleurico, causato dall’esposizione ad amianto, riconoscendo anche la responsabilità del committente.

Le sentenze di primo e secondo grado

Nel caso di un lavoratore defunto dopo aver contratto il mesotelioma pleurico, era stato accertato il nesso causale fra la malattia e l’esposizione all’amianto, che sappiamo infatti essere il principale fattore di rischio per tale patologia, fatto ormai ampiamente documentato. È importante ribadirlo, perché per lo stesso caso era stato ipotizzato che la causa della malattia non fosse interamente riconducibile all’esposizione all’asbesto, in quanto il lavoratore era fumatore. La sentenza n.29105, espressa in concomitanza con quella oggetto del presente articolo, ha confermato che il tabagismo non fu tale da interrompere il nesso causale.

Il lavoratore era dipendete di una ditta che svolgeva attività in appalto presso lo stabilimento di Taranto dell’Ilva, oggi FINTECNA.

In primo e secondo grado, i giudici avevano condannato solo la ditta di cui era dipendete il lavoratore defunto al risarcimento degli eredi, non avendo riconosciuto il diretto controllo del committente sulla ditta appaltatrice.

Gli eredi hanno poi fatto ricorso in Cassazione contro il committente, portando dimostrazioni della sua responsabilità. Ilva, infatti, possedeva l’intero capitale sociale della ditta appaltatrice. Inoltre, fra le prove documentali prodotte durante il processo, era presente il curriculum professionale del lavoratore, rilasciato dalla ditta committente

La decisione della Cassazione Civile

La Corte ritiene il riscorso fondato e riconosce la responsabilità di FINTECNA, che deteneva il controllo dell’ambiente di lavoro, sottolineando “l’obbligo del committente-datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, nonché di cooperare nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata, nell'ambito dell'intero ciclo produttivo”, come ribadito anche dalla sentenza della Cassazione Civile, Sez. 6, 24 giugno 2020, n. 12465.

La Corte prosegue affermando che “sussiste l'obbligo del committente, che mantenga la disponibilità dell'ambiente di lavoro, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell'impresa appaltatrice, consistenti nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l'appaltatrice nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata (Cass. 25 febbraio 2019, n. 5419, con richiamo di precedenti conformi in motivazione, tra i quali: Cass. n. 19494 del 2009; Cass. n. 21694 del 2011; Cass. n. 798 del 2017)”.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione Civile riafferma la responsabilità della società committente, anche nel caso non vi sia ingerenza di questa sull’esecuzione o sull’organizzazione delle attività svolte dall’appaltatore. Considerando comunque il sostanziale controllo sull’ambiente di lavoro e sull’appaltatore, la società committente aveva pertanto l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell'impresa appaltatrice, incluse

  • la formazione ai lavoratori circa i rischi presenti nello stabilimento;
  • la messa in sicurezza degli impianti;
  • la collaborazione con l’appaltatore per la definizione delle misure di prevenzione e protezione contro i rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata.