La Legge di stabilità 2016 e la Legge di Bilancio 2018 hanno modificato l’art.51, c. 2 del TUIR, ritoccando le lettere f) e f-bis) e introducendo le lettere d-bis) e f-ter), ampliando così le ipotesi di somme e valori che non concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, ma che possono essere oggetto dei piani welfare.

La maggior parte dei benefit vengono concessi direttamente dal datore di lavoro o tramite soggetti esterni all’azienda, ma non mancano casi in cui la spesa possa essere sostenuta direttamente dal dipendente e poi rimborsata previa esibizione di fatture o ricevute fiscali o altri giustificativi di spesa.

Diventa quindi fondamentale individuare le disposizioni che riconoscono questo rimborso spesa al dipendente. Si parla in questi casi di welfare rimborsabile.

Le norme che consentono al datore di lavoro di rimborsare le spese sostenute dal lavoratore sono le lettere: d-bis), f-bis) e f-ter).

Rimangono invece escluse la lettera f) in cui non si rinvengono i concetti di “somme” o “rimborso” e la lettera f-quater) che si riferisce ai contributi e ai premi che vengono direttamente versati dal datore di lavoro a copertura del rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana ovvero a copertura di gravi patologie.

La lettera d-bis) introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 si riferisce alle spese per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale o interregionale.

La lettera f-bis) riguarda i servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché la frequenza delle ludoteche e dei centri estivi e invernali e le borse di studio.

Infine la lettera f-ter) fa riferimento ai servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti.

Ad eccezione della lettera d-bis) che prevede che i fruitori siano sia i dipendenti che i loro familiari (individuati dall’art. 12 del TUIR), le altre due lettere (f-bis e f-ter) si rivolgono solo ed esclusivamente ai familiari del lavoratore.

In comune hanno il fatto che i benefit che il datore di lavoro intende inserire nel piano welfare devono avere come destinatari la generalità o categorie di dipendenti.

Quindi, a titolo esemplificativo, il datore di lavoro può rimborsare al lavoratore le spese sostenute da quest’ultimo, relative a:

  • Settimane bianche e campus estivi;
  • I costi per la badante;
  • Macchinari che servono a soggetti non autosufficienti (sedie a rotelle, montascale, ecc..);
  • Gite scolastiche e/o didattiche;
  • Libri di testo;
  • Partecipazioni a corsi e master;
  • Mensa scolastica;
  • Rette scolastiche;
  • Servizi di baby sitter;
  • Tasse universitarie;
  • Abbonamento trasporto pubblico;
  • Trasporto scolastico;
  • Viaggi e vacanze studio.

Per queste spese, essendo rimborsabili, non è necessario che le fatture e le ricevute fiscali siano intestate all’azienda. Invece è necessario che riportino i dati di chi ha sostenuto il costo compreso il codice fiscale.