Welfare aziendale: non più una prerogativa delle aziende di maggiori dimensioni
A cura della redazione
Secondo il rapporto welfare index PMI 2019, sempre più PMI individuano nel welfare aziendale lo strumento utile a rafforzare la sostenibilità dell’impresa occupandosi del benessere e della sicurezza sociale dei lavoratori e delle loro famiglie, ed è per questo motivo che negli ultimi tre anni il numero di quelle che hanno adottato piani welfare è raddoppiato.
Infatti dallo studio effettuato è emerso che il welfare aziendale in questi anni è riuscito a rompere la barriera dimensionale, diffondendosi anche nelle piccole imprese.
In particolare le microimprese attive nel welfare aziendale, ossia quelle con un numero di dipendenti inferiore a 10, è passato dal 6,8% del 2017 al 12,2%. Invece le piccole imprese (quelle da 10 a 50 addetti) sono passate dall’11% al 24,8% del 2019.
Duplicate anche le imprese di medie dimensioni (da 51 a 200 addetti) che sono passate dal 20,8% del 2017 al 45,3% del 2019.
Anche le grandi imprese, ossia quelle con un numero di dipendenti da 51 a 1.000, dove il welfare aziendale era già una realtà conosciuta prima del 2016 (data in cui la Legge di Stabilità ha modificato sostanzialmente l’art. 51, c.2 del TUIR), hanno registrato un lieve incremento passando dal 63,5% al 71%.
Riguardo ai servizi di welfare, tra i più diffusi abbiamo le iniziative sulla sicurezza e sulla prevenzione degli incidenti, le polizze assicurative e la formazione per i dipendenti, seguita dalle misure volte alla conciliazione vita-lavoro e al sostegno dei genitori. Sono invece meno presenti nei piani welfare i servizi di assistenza, quelli aventi ad oggetto la cultura e il tempo libero e le misure a sostegno all’istruzione di figli e familiari.
Andando nel dettaglio dei servizi welfare, hanno registrato una crescita rispetto a tre anni or sono: la previdenza complementare, la sanità integrativa, i servizi di assistenza, le misure per conciliare vita e lavoro, la formazione dei dipendenti, il sostegno ai soggetti deboli e l’integrazione sociale. Mentre l’interesse per le polizze assicurative, il sostegno economico ai dipendenti, il sostegno all’istruzione di figli e familiari e la cultura e il tempo libero sono praticamente rimasti immutati.
Va tenuto conto che sicurezza e prevenzione, sanità integrativa e previdenza integrativa sono le aree più classiche del welfare, perché fortemente regolate dalle leggi e dai contratti.
Le aree della conciliazione vita e lavoro e della formazione ai dipendenti sono gli ambiti di maggiore crescita per la spinta delle imprese e della contrattazione aziendale alla ricerca di modelli più flessibili di organizzazione del lavoro, di sostegni alla genitorialità e alla cura dei figli, e per l’impegno a sostenere con la formazione la qualificazione delle risorse aziendali. In particolare la formazione è l’area con il maggior tasso di iniziativa aziendale autonoma, e inoltre è indicata dalle imprese come prioritaria per lo sviluppo futuro.
Infine, prendendo a riferimento i vari settori produttivi, dal rapporto emerge che i settori meno attivi nel welfare aziendale sono: l’artigianato l’agricoltura e quello degli studi e servizi professionali. Risultano invece molto attive le imprese del terzo settore, dell’industria e del commercio.
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