L’INPS, con la circolare n. 158 del 23 dicembre 2019, ha riepilogato gli elementi identificativi del trasfertismo, fornendo, al contempo, chiarimenti in merito al corretto regime contributivo.

Il lavoratore subordinato può essere chiamato a svolgere la sua attività in un luogo diverso dalla sede di lavoro. In questo caso, si possono configurare le due fattispecie della trasferta “occasionale” o della trasferta “strutturale o per contratto”, prevista per i cosiddetti lavoratori trasfertisti.

In riferimento questi ultimi, l’art. 7-quinquies del DL 193/2016 (L. 225/2016) dispone che: il comma 6 dell'art. 51 del TUIR “si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

  1. la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;
  2. lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;
  3. la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”.

Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui sopra, non è applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell'art. 51 del TUIR “è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51”.

In relazione alla norma di cui si tratta, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27093/2017, hanno affermato i seguenti principi di diritto.

Il primo principio è il seguente: “È conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117, c. 1, Cost. sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo di cui all’art. 6 della CEDU, l’art. 7-quinquies del DL 193/2016 (L. 225/2016) che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di interpretazione autentica del comma 6 dell’art. 51 del DPR 917/1986, con la quale si è stabilito […]”.

Il secondo principio è il seguente: “In materia di trattamento contributivo dell’indennità di trasferta, alla stregua dei criteri di interpretazione letterale, storica, logico – sistematica e teleologica, l’espressione anche se corrisposta con carattere di continuità presente sia nell’art. 11 L. 467/1984, sia nel vigente art. 51, c. 6, DPR 917/1986 (così come nel successivo art. 48, c. 6, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 917/1986 (così come nel successivo art. 48, comma 6, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 314/1997) deve essere intesa nel senso che l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile) rispettivamente previsto dalle citate disposizioni”.

In relazione al regime contributivo applicabile nei confronti delle indennità erogate ai trasfertisti, così come sopra individuati, l’INPS ricorda, infine, che il comma 6 del citato art. 51 ne prevede una imponibilità al 50% a prescindere dal loro ammontare.