Telelavoro transfrontaliero: quale legislazione applicabile
A cura della redazione
L’INPS, con il messaggio n. 1072 del 13 marzo 2024, ha fornito indicazioni in merito alla legislazione applicabile in caso di telelavoro transfrontaliero abituale.
Come noto, in data 1° luglio 2023, è entrato in vigore l’Accordo Quadro multilaterale sull’applicazione dell’art. 16, par. 1, del regolamento (CE) n. 883/2004 nei casi di telelavoro transfrontaliero abituale, predisposto dalla Commissione europea.
L’Accordo prevede che, su domanda, la persona che svolge abitualmente telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza in misura inferiore al 50% del tempo di lavoro complessivo può essere assoggettata alla legislazione di sicurezza sociale dello Stato in cui il datore di lavoro ha la sede legale o il domicilio (art. 3).
L’Accordo, pertanto, introduce la possibilità di derogare alla regola generale per la determinazione della legislazione applicabile nei casi di esercizio dell’attività in due o più Stati membri, in base alla quale la persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta alla legislazione dello Stato di residenza se esercita un’attività pari o superiore al 25% in detto Stato membro (art. 13, par. 1, lett. a, del regolamento (CE) n. 883/2004 e art. 14, paragrafi 8 e 10, del regolamento (CE) n. 987/2009).
L'Accordo si applica esclusivamente agli Stati firmatari. Per gli Stati che aderiscono successivamente al 1° luglio 2023 l’Accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla firma.
Per l’Italia l’Accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 2024 (in seguito all’Accordo quadro firmato dal Min.Lav. il 28.12.2023).
In base alle previsioni contenute nell’art. 1, lett. c), dell’Accordo in commento, per “telelavoro transfrontaliero” si intende un’attività che può essere svolta da un qualsiasi luogo e può essere eseguita presso i locali o la sede del datore di lavoro, e che presenta le seguenti caratteristiche:
1. viene svolta in uno o più Stati membri diversi da quello in cui sono situati i locali o la sede del datore di lavoro;
2. si basa su tecnologie informatiche che permettono di rimanere connessi con l’ambiente di lavoro del datore di lavoro o dell’azienda e con le parti interessate o i clienti, al fine di svolgere i compiti assegnati dal datore di lavoro, nel caso dei lavoratori dipendenti, o dai clienti, nel caso dei lavoratori autonomi.
Il collegamento informatico con l'infrastruttura aziendale è parte integrante della definizione di lavoro a distanza come telelavoro. Tuttavia, il dipendente non deve necessariamente rimanere collegato all'ambiente di lavoro del datore di lavoro attraverso la connessione digitale per tutto l’orario di lavoro (nel caso dei professori, ad esempio, la lettura di materiali e la valutazione offline delle prove sono attività che si svolgono senza la connessione informatica).
Le attività manuali svolte al di fuori dei locali del datore di lavoro o della sede di attività non rientrano nella definizione di telelavoro transfrontaliero.
L’Accordo non si applica nei seguenti casi:
· esercizio abituale di un’attività diversa dal telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza, e/o
· esercizio abituale di un’attività in un altro Stato diverso da quelli menzionati al par. 1 dell’art. 2 dell’Accordo (Stato di residenza del lavoratore e Stato in cui ha la sede legale o il domicilio l’impresa), e/o
· lavoro autonomo.
Le richieste di deroga di cui all’art. 3 dell’Accordo devono essere presentate nello Stato membro alla cui legislazione il lavoratore chiede di essere assoggettato.
Ne consegue che le richieste in argomento devono essere trasmesse all’istituzione competente dello Stato membro dove ha la sede legale o il domicilio il datore di lavoro.
Le domande possono riguardare soltanto periodi che si collochino temporalmente in un momento successivo alla data di entrata in vigore dell’Accordo per entrambi gli Stati firmatari interessati.
La legislazione applicabile determinata ai sensi della richiesta di deroga può essere applicata per un periodo massimo di 3 anni alla volta, con possibilità di proroga previa presentazione di nuova richiesta.
Qualora intervengano cambiamenti nella situazione di fatto che ha dato luogo all’accoglimento della domanda di deroga, tale circostanza deve essere immediatamente comunicata dal datore di lavoro o dal lavoratore allo Stato membro di cui si applica la legislazione (Stato in cui ha sede il datore di lavoro). In tale ipotesi detto Stato membro deve rivalutare il caso e, se necessario, procedere al ritiro o alla revoca del certificato di legislazione applicabile (documento portatile A1).
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