Telefono cellulare: imponibile il rimborso forfetario delle spese di traffico sostenute dal dipendente
A cura della redazione
In via generale il datore di lavoro concede al proprio dipendente il telefono cellulare esclusivamente per esigenze di servizio oppure sia per finalità aziendali che private.
Nel primo caso (uso esclusivamente aziendale) il costo per l’acquisto del dispositivo e le spese di traffico effettuato sono a totale carico del datore di lavoro con la conseguenza che detti importi non concorrono a formare reddito di lavoro per i dipendenti che fruiscono di tali apparecchi.
Nel caso in cui invece il cellulare venga concesso per uso promiscuo, è necessario distingue, dal punto di vista fiscale, se il datore di lavoro intenda addebitarne il costo oppure no al lavoratore.
Partendo da quest’ultima ipotesi (uso del cellulare anche per motivi privati senza alcun addebito), il valore normale del fringe benefit, dato dal costo delle telefonate personali risultante dalle bollette telefoniche, è interamente imponibile quale reddito di lavoro dipendente.
Invece, in caso di assegnazione del telefono con addebito del corrispettivo è necessario distinguere se l’addebito avviene in forma analitica o forfetaria.
Nel caso di addebito in forma analitica l’azienda individua con esattezza attraverso la bolletta del gestore telefonico, i costi delle telefonate private e le fattura al dipendente. In questo caso non si configura alcun fringe benefit, a meno che l’azienda non intenda addebitare al dipendente un importo inferiore al valore normale. Costituirà fringe benefit tassabile la differenza tra detto valore normale e l’importo addebitato al dipendente.
Se l’azienda addebita un importo “forfetario” per l’uso privato del telefonino, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, trova applicazione il combinato disposto dell’art. 51, c. 3 e 9, del T.U. delle imposte, in base al quale ai fini della quantificazione dei valori in natura si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’art. 9 del medesimo decreto. Quest’ultima disposizione contiene infatti, al c. 3, i criteri mediante i quali è dato definire il “valore normale” del bene o servizio in questione. In ogni caso, va ricordato che non concorre a formare reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore, nel periodo d’imposta, a €258,23.
Vi può essere infine il caso in cui l’azienda invita il dipendente ad utilizzare il proprio telefonino privato anche per servizio, rimborsando poi al lavoratore una parte del costo sostenuto.
In quest’ultimo caso, secondo la risoluzione A.E. n. 74/E del 2017, le spese sostenute dal lavoratore e poi rimborsate dal datore di lavoro in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile soltanto se tale criterio è stato previsto dal legislatore (es: trasferte).
Se il legislatore non ha indicato tale criterio forfetario, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Pertanto, l’Agenzia delle entrate ritiene che la parte di costo relativo al servizio di telefonia e al traffico dati che la società istante rimborsa al dipendente sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, nel silenzio del legislatore al riguardo, non può essere escluso dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
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