Il Tribunale di Roma, con la sentenza 21 gennaio 2021, n. 5961, ha deciso che, se le mansioni svolte sono compatibili con il lavoro a distanza, per il lavoratore che deve assistere un familiare disabile, sussiste un vero e proprio diritto allo smart working. ​

Nel caso in esame, una lavoratrice che si trovava in ferie, si era vista negare la richiesta di svolgere la propria prestazione lavorativa ricorrendo allo smart working, ai sensi dell’art. 39 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) a seguito del riconoscimento alla propria madre dello stato di persona “portatore di handicap in situazione di gravità” ai sensi dell’art. 4 L.104/92. ​

In base alla norma del Decreto Cura Italia “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.

Ne consegue che l’unica condizione per poter esercitare il diritto allo smart working è che la prestazione possa essere svolta a distanza e nel caso in esame, avendo natura intellettuale, poteva essere eseguita in modalità agile. ​

Secondo il Tribunale il mancato accoglimento dell’istanza cautelare comporterebbe un pericolo concreto di danno grave ed irreparabile con riferimento alla salute ed all’integrità fisica della ricorrente e della madre disabile con lei convivente. Al contrario, il collocamento in lavoro agile permetterebbe alla ricorrente di rendere la prestazione lavorativa da casa evitando qualsiasi rischio di contagio da Covid-19 collegato sia allo spostamento con mezzi pubblici, sia alla fruizione di spazi comuni sul luogo di lavoro, riducendo altresì il rischio di contagio ai danni della madre, ultraottantenne disabile ex  art.  3 comma 3  L.  104/92, e consentirebbe verosimilmente alla lavoratrice di evitare di avere delle ricadute negative sul suo stato di salute che comporterebbero, in caso di ulteriore periodo di malattia, un concreto rischio di superare il periodo di comporto. ​

Per le considerazioni che precedono, il Tribunale ha accolto il ricorso, dichiarando il diritto della ricorrente a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità “agile” ai sensi dell’art. 39 comma 1 del D.L.18/2020 sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, attualmente previsto sino al 30.4.2021, e ha ordinato alla società di consentire alla lavoratrice lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di lavoro agile.