Spese per la frequenza degli asili nido: agevolazioni ad ampio raggio
A cura della redazione
Secondo la lett. f-bis) dell’art. 51, c. 2 del TUIR, non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi.
Come specificato dall’Agenzia delle entrate (circ. n. 28/E del 2016) nei servizi di istruzione ed educazione, anche in età prescolare, vi rientrano non solo le spese relative alla frequenza degli asili nido, ma anche quelle sostenute per le scuole materne. Queste ultime in origine, ossia prima della modifica disposta dalla Legge di Stabilità 2016, erano escluse in quanto non contemplate.
La disposizione riconosce quindi al datore di lavoro la possibilità di inserire in un piano welfare l’erogazione dei predetti servizi direttamente oppure tramite terzi. Inoltre, il fatto che il legislatore abbia utilizzato l’espressione “somme” porta a ritenere (come evidenziato anche dall’Agenzia delle entrate con la citata circolare) che il datore di lavoro possa rimborsare tali spese al dipendente che le ha sostenute.
Non va in ogni caso dimenticato che le rette relative alla frequenza degli asili nido possono essere detratte dall’imposta lorda nella misura del 19%.
Come sottolineato dall’Agenzia delle entrate (circ. 13/E del 2019) non ha importanza l’età del bambino dato che ciò che rileva ai fini della detraibilità della spesa è l’ammissione e la frequenza dell’asili nido.
L’importo massimo della spesa ammessa in detrazione è pari a euro 632 per ciascun figlio che frequenta l’asilo nido ed è riparametrata tra i genitori in base all’onere da ciascuno sostenuto.
In applicazione del principio di cassa, la detrazione spetta per le spese sostenute nel periodo d’imposta, a prescindere dall’anno scolastico cui si riferiscono.
Invece, se le spese sono inserite in un piano welfare, la rimborsabilità viene riconosciuta anche se sono state sostenute in precedenti periodi d’imposta. In particolare, spiega l’Agenzia entrate nella circ. 5/E del 2018 p. 4.11, l’importo del rimborso rileva nell’anno in cui il datore di lavoro restituisce al lavoratore l’onere da questi sostenuto. In caso i conversione del premio di risultato, il benefit rileverà nel periodo d’imposta in cui il dipendente ha optato per la conversione stessa.
Condizione fondamentale ai fini dell’esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei rimborsi delle spese sostenute per le finalità di educazione e istruzione è che venga acquisita e conservata la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con le finalità per le quali sono state corrisposte.
A tal fine la circolare 13/E del 2019 individua tale documentazione in: fatture, bollettino bancario o postale, ricevuta o quietanza di pagamento.
Se il documento di spesa è intestato al bambino oppure a uno solo dei genitori è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno dei genitori. In particolare, il genitore che ha sostenuto la spesa può fruire della detrazione anche se il documento è intestato all’altro genitore e anche se non è fiscalmente a carico di quest’ultimo.
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