L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 124/2023, ha precisato nuovamente che il dipendente di società estera che in Italia risiede fiscalmente e svolge l’attività lavorativa in smart working, deve versare le imposte solo nel nostro Paese.

Secondo l’Agenzia delle entrate, per determinare dove rileva fiscalmente il reddito di lavoro dipendente, non deve essere presa in considerazione solo la normativa italiana (TUIR) che fa riferimento alla residenza fiscale, ma anche la Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con lo Stato straniero nel quale ha la sede il datore di lavoro.

Quest’ultima (nel caso di specie tra Italia e Paesi Bassi) prevede, come regola generale, che la tassazione esclusiva dei redditi, corrisposti a fronte della prestazione di un'attività di lavoro dipendente, deve avvenire nello Stato di residenza del beneficiario dei medesimi, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente il Trattato internazionale; ipotesi in cui tali remunerazioni sono assoggettate ad imposizione concorrente in entrambi i Paesi.

Al riguardo, l’Agenzia delle entrate rileva che i redditi di lavoro dipendente, erogati al dipendente in smart working dalla società straniera, risulterebbero corrisposti ad un residente italiano a fronte di un'attività lavorativa svolta nel nostro Paese (in sostanza lo Stato di residenza del beneficiario dei redditi e quello della fonte degli stessi coincidono).

Ne consegue che i redditi sono da assoggettare ad imposizione esclusiva in Italia.

Comunque il Contribuente potrà richiedere alle competenti Autorità fiscali estere il rimborso della ritenuta alla fonte subita su tali redditi.