Smart working: fiscalmente vale il luogo in cui si trova fisicamente il lavoratore
A cura della redazione
L’Agenzia delle entrate, con la circolare 18 agosto 2023 n. 25, facendo seguito alla Legge 83/2023, ha fornito importanti precisazioni in merito al regime fiscale applicabile ai lavoratori che svolgono l’attività in smart working e ai c.d. frontalieri.
In merito al lavoro agile, il punto fermo è che si applicano, anche in caso di ricorso allo smart working, gli ordinari criteri che valorizzano la presenza fisica in un determinato Stato.
Più precisamente l’Agenzia delle entrate ha confermato che restano applicabili i criteri previsti dall’articolo 2 del Tuir anche per l’identificazione della residenza fiscale delle persone fisiche che svolgono un’attività lavorativa da remoto o in modalità agile. In particolare, richiamando numerose sentenze della Corte di Cassazione, l’Agenzia delle entrate ha ribadito che l’imponibilità fiscale in Italia non viene meno se il lavoratore mantiene sul territorio il centro dei propri affari ed interessi, anche se dovesse assentarsi per lunghi periodi per motivi di studio, lavoro, svago ecc. ed iscrivendosi all’AIRE.
Al riguardo, e in linea con le disposizioni convenzionali in materia, viene chiarito che il lavoro si considera svolto nel luogo in cui il lavoratore è fisicamente presente quando svolge la prestazione per cui è remunerato, indipendentemente dalla circostanza che la manifestazione di tale lavoro abbia effetti nell’altro Stato contraente e dal Paese in cui è localizzato il datore di lavoro per cui la prestazione è effettuata.
Sempre tenendo conto delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, la circolare 25/2023 sottolinea come lo svolgimento da remoto dell’attività lavorativa non pregiudica la configurabilità di una stabile organizzazione o di una base fissa nel territorio dello Stato, da intendersi come sede fissa attraverso cui l’impresa non residente svolge in tutto o in parte la sua attività.
A tal fine i presupposti di esistenza di una stabile organizzazione (o base fissa) possono essere sintetizzati in: esistenza della sede di affari nella disponibilità dell’impresa o del professionista, fissità spaziale e temporale della sede d’affari e svolgimento dell’attività d’impresa o professionale in tutto o in parte per mezzo della sede fissa d’affari.
L’Agenzia si è anche pronunciata in riferimento al “regime speciale per lavoratori impatriati”, introdotto dall’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015, ribadendo che l’agevolazione non è preclusa a coloro che trasferiscono la propria residenza in Italia, pur continuando a lavorare in smart working alle dipendenze di un datore di lavoro estero. Al contrario, non può continuare a fruire dell’agevolazione, il soggetto che, trasferitosi a lavorare in Italia, successivamente traslochi all’estero pur continuando a svolgere dalla nuova località la prestazione lavorativa per il medesimo datore di lavoro italiano in modalità smart working, in quando in tale caso i redditi si considerano prodotti fuori dal territorio italiano.
Inoltre, al fine di contrastare il fenomeno dei trasferimenti fittizi di residenza all’estero, nella circolare si fa presente che il dato formale dell’iscrizione all’Aire e la circostanza di prestare l’attività lavorativa parzialmente o integralmente da remoto per un soggetto estero non sono di per sé elementi sufficienti a escludere la residenza fiscale in Italia qualora, da una valutazione complessiva dei rapporti economici, patrimoniali e affettivi, risultino integrati i criteri di individuazione della residenza fiscale nel territorio dello Stato. Inoltre lo svolgimento a distanza dell’attività lavorativa in un Paese diverso da quello di stabilimento dell’operatore economico non esclude la possibilità che tale attività venga valutata sotto il profilo sostanziale.
Come accennato all’inizio, la circolare affronta anche la speciale disciplina fiscale concernente i lavoratori frontalieri, ponendo in risalto gli aspetti salienti alla luce, da un lato, dei recenti sviluppi e chiarimenti forniti ai contribuenti in risposta a istanze di interpello e, dall’altro, del nuovo Accordo internazionale siglato con la Svizzera il 23 dicembre 2020.
In particolare, viene fornita una nuova definizione di lavoratore frontaliere, intendendosi per tale qualsiasi lavoratore residente in uno Stato contraente che: è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20km dal confine con l’altro Stato contraente, svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato, per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato e ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
Riguardo al regime fiscale, la novità più rilevante consiste nella previsione di un principio di tassazione concorrente tra Paese della fonte e Paese di residenza, in sostituzione della tassazione esclusiva nel Paese della fonte prevista dall’Accordo del 1974.
L’Agenzia delle entrate riepiloga anche le ulteriori novità introdotte dalla legge n. 83/2023, di ratifica ed esecuzione dell’Accordo del 2020.
Più precisamente, si prevede che per tutti i lavoratori frontalieri italiani (quindi non solo quelli che si recano in Svizzera, ma anche quelli verso la Francia, l’Austria, San Marino, Stato Città del Vaticano e Principato di Monaco), a partire dal 2024, è innalzata la franchigia da imposizione per i redditi da lavoro dipendente dagli attuali 7.500 euro a 10mila euro.
Inoltre, è prevista la deducibilità dal reddito complessivo, per l’importo risultante da idonea documentazione, dei contributi previdenziali per il prepensionamento di categoria posti contrattualmente a carico dei lavoratori frontalieri nei confronti degli enti previdenziali dello Stato in cui prestano la loro attività.
Il provvedimento di legge prevede anche l’esclusione dalla base imponibile dell’Irpef degli assegni di sostegno al nucleo familiare erogati ai lavoratori frontalieri dagli enti previdenziali degli Stati in cui i primi prestano la loro attività.
È stata, inoltre, introdotta una disciplina provvisoria applicabile fino al 31 dicembre 2023 agli attuali frontalieri (coloro ai quali si applica il vecchio Accordo del 1974 e che fruivano già di smart working alla data del 31 marzo 2022), in base alla quale i giorni di lavoro svolti in Italia in modalità di telelavoro fino al 40% del tempo, si considerano svolti in Svizzera.
Infine, altra importante novità è la previsione, contenuta nel decreto del ministro dell’Economia e delle finanze del 20 luglio 2023, dell’espunzione della Svizzera dall’elenco degli Stati privilegiati ai fini Irpef di cui al Dm 4 maggio 1999 (c,d,black list persone fisiche).
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