La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28927/2024, ribadisce un principio fondamentale in materia di diritto del lavoro: l’assenza della preventiva contestazione dell’infrazione disciplinare da parte del datore di lavoro compromette l’intero procedimento, rendendo nullo il licenziamento e garantendo al lavoratore il diritto alla reintegra.

Una decisione che conferma il ruolo centrale della contestazione

La pronuncia della Cassazione conferma quanto già stabilito nei gradi di merito. I giudici hanno sottolineato che il difetto della contestazione disciplinare non rappresenta soltanto una violazione procedurale, ma determina l’inesistenza giuridica del procedimento stesso. In altre parole, un licenziamento disciplinare basato su un’infrazione mai formalmente contestata è da considerarsi privo di validità.

L’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori

Questa impostazione porta la Corte a richiamare l’articolo 18, comma 4, della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), che disciplina i casi di insussistenza del fatto contestato. In tali situazioni, il legislatore prevede una forma di tutela reintegratoria: il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto a essere reintegrato nel proprio posto di lavoro.

Implicazioni per i datori di lavoro

La sentenza rimarca l’importanza del rispetto delle garanzie procedurali nei procedimenti disciplinari. La preventiva contestazione, con la possibilità per il lavoratore di presentare le proprie difese, non è una mera formalità, bensì un requisito essenziale per la legittimità dell’eventuale licenziamento. La sua omissione non può essere sanata a posteriori.

Verso una maggiore tutela dei diritti del lavoratore

La decisione della Cassazione riafferma l’equilibrio tra i poteri del datore di lavoro e i diritti del lavoratore, evidenziando come le garanzie procedurali non possano essere eluse. Si tratta di un principio che consolida la giurisprudenza in materia e rafforza la tutela del lavoratore contro provvedimenti arbitrari o irregolari.