Sempre più appeal per la previdenza complementare
A cura della redazione

Ai fini della detassazione dei premi di risultato, la L. n. 208/2015, art. 1, c. 184-bis (introdotto dalla L. 232/2016) ha stabilito, con decorrenza dal 1° gennaio 2017, che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente i contributi alle forme pensionistiche complementari di cui al D.lgs. n. 252/2005, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, del premio di risultato/partecipazione agli utili, anche se eccedenti i limiti indicati all’articolo 8, commi 4 e 6, del medesimo decreto, ovvero € 5.164, 57 (limite incrementato, limitatamente ai primi cinque anni di contribuzione, di un importo non superiore ad euro 2.582,29 per i lavoratori di prima occupazione - per le modalità di calcolo si veda più avanti). Tali contributi, inoltre, non concorrono a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari ai fini dell’applicazione delle previsioni di cui all’articolo 11, comma 6, del medesimo D.lgs. n. 252/2005.
Come precisato dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 5/2018, in base alle nuove diposizioni, i contributi alla previdenza complementare, se versati in sostituzione del premio di risultato possono, pertanto, essere esclusi dalla formazione del reddito complessivo del lavoratore per un importo di euro 8.164,57. Infatti, l’importo massimo del premio detassabile, pari a 3.000 euro, si aggiunge al limite di deducibilità di euro 5.164,57 (incrementato, come predetto, per i lavoratori di prima occupazione).
Entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui i contributi sono stati versati alla forma previdenziale complementare, il contribuente è tenuto a comunicare a quest’ultima sia l’eventuale ammontare di contributi non dedotti, che l’importo dei contributi sostitutivi del premio di risultato che, seppur non assoggettati ad imposizione, non dovranno concorrere alla formazione della base imponibile della prestazione previdenziale.
Considerata la ratio della disposizione in esame, secondo l’Agenzia delle entrate, l’equiparazione dei contributi sostitutivi del premio di risultato a quelli non dedotti dal reddito opera non solo in caso di erogazione della prestazione pensionistica, ma anche nell’ipotesi di erogazione di anticipazioni o di riscatto della prestazione stessa, dovendo intendersi che il riferimento all’art. 11, comma. 6, del D.lgs. n. 252/2005 (disciplinante il regime della prestazione), operato dalla lett. c) del comma 160, preveda un criterio generale di determinazione della base imponibile della erogazione generata dai contributi versati in sostituzione dei premi di risultato.
Per quanto riguarda i soggetti di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei 20 anni successi vi al quinto di partecipazione al fondo, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti € 5.164,57 pari alla differenza positiva tra l’importo di € 25.822,85 e i contributi effettivamente versati nei primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari e comunque per un importo non superiore a € 2.582,29. L’Agenzia delle entrate ha precisato che la maggior deduzione complessivamente maturata potrà essere utilizzata (fino a concorrenza di € 2.582,29 annui), fino a esaurimento, in aggiunta al limite ordinario annuo di € 5,164, 57 (per un totale massimo annuo di € 7.746,86), tutte le volte in cui, nel periodo interessato, siano versati contributi eccedenti la citata deduzione ordinaria di € 5.164,57 (A.E., ris. n. 131, 27.12.2011).
Dal punto di vista contributivo, si ricorda che le somme accantonate ai fondi di previdenza complementare sono interamente escluse da contribuzione ordinaria (senza limiti) e sono, per la quota a carico del datore di lavoro, da assoggettare a contributo di solidarietà del 10%.
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