Sanità integrativa nei piani welfare se prevista dal CCNL
A cura della redazione
Ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. a), del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, purché di ammontare non superiore complessivamente ad euro 3.615,20.
Secondo il rapporto welfare Index PMI 2019 le iniziative di sanità integrativa sono attuate dal 38% delle imprese monitorate e per ben il 62% solo perché è un obbligo previsto dal CCNL applicato.
Infatti non raggiungono il 10% le aziende che si adoperano per inserire nei piani welfare anche l’adesione e il conseguente versamento dei contributi ai fondi di assistenza sanitaria integrativa per regolamento aziendale oppure perché previsto dalla contrattazione di secondo livello.
Invece si assestano intorno al 23% le PMI che lo prevedono unilateralmente e discrezionalmente.
Del predetto 38% delle aziende che destina risorse alla sanità integrativa, prevale l’adesione al fondo sanitario di categoria istituito dal CCNL, ma crescono anche le iniziative aziendali aggiuntive come le polizze sanitarie e l’adesione ai fondi aziendali ed interazionali.
Tra le PMI attive nell’area della sanità integrativa, il 77% destina l’iniziativa solo ai lavoratori, mentre poco più del 10% estende il servizio anche ai familiari.
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