Remote working: tassazione ai minimi termini per chi si trasferisce al Sud Italia
A cura della redazione
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 157 del 25 marzo 2022, ha chiarito che spetta il regime fiscale agevolato, previsto nella misura del 90% del reddito imponibile dall’art.16 del D.Lgs. 147/2015, al lavoratore, cittadino europeo, che trasferisce la residenza fiscale in una regione del Sud Italia, svolgendo attività di lavoro dipendente in modalità di remote working, a beneficio del proprio datore di lavoro estero. Lo stesso, inoltre, può beneficiare di ulteriori 5 anni, diagevolazione fiscale al 50% avendo, dal 2019, un figlio a carico in Italia.
Nella fattispecie esaminata, l’istante ha dichiarato:
- di essere cittadino olandese;
- di essere in possesso di un titolo di laurea di durata almeno triennale;
- che dal 2012 ha vissuto e lavorato nel Regno Unito, prestando attività lavorativa alle dipendenze di una società estera con sede a Londra e di qualificarsi, di conseguenza, fiscalmente residente nel Regno Unito dal 2012 al 2019;
- che dopo la nascita del primo figlio, avvenuta in Italia nel 2019, "a causa dell'emergenza pandemica,per ricongiungersi alla famiglia, nel mese di marzo 2020 decideva di trasferirsi definitivamente e stabilmente in Italia, pur mantenendo in essere il rapporto di lavoro con la Società estera", e che tale "condizione personale e lavorativa è proseguita per tutto il 2020";
- di qualificarsi fiscalmente residente in Italia, ai sensi dell'art. 2 del TUIR, a partire dal periodo d'imposta 2020;
- di aver svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente fuori dall'Italia nei 24 mesi antecedenti al suo trasferimento in Italia;
- che, attualmente, risiede stabilmente in Sicilia, ove ha trasferito la propria residenza, ai sensi dell'art. 43 del codice civile, e che è sua intenzione "conservare lo status di residente fiscale in Italia anche per gli anni a venire";
- che "il trasferimento della residenza fiscale in Italia è funzionale allo svolgimento di attività dilavoro dipendente, che verrà resa dall'Italia, in modalità di remote working, a beneficio del proprio datore di lavoro estero".
L’Agenzia delle Entrate, in sostanza, ha ribadito il concetto già noto secondo cui, ai fini delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 16, D.Lgs. 147/2015, non è richiesto che l'attività sia svolta per un'impresa operante sul territorio dello Stato e, pertanto, possono accedere all'agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
Allo scopo, si ricorda, da ultimo che, tranne il caso di una stabile organizzazione o base fissa in Italia, gli enti e le società non residenti non assumono la qualifica di sostituto d'imposta e, pertanto, non sono tenuti ad applicare le ritenute sui corrispettivi erogati ai propri dipendenti in Italia. Le società non residenti, infatti,seppur ricomprese, sotto il profilo soggettivo, fra i soggetti indicati al primo comma dell’art. 23 DPR 600/1973, in linea di principio, ne sono oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato.
Ne consegue pertanto che,nell'ipotesi esaminata, l'istante potrà fruire dell'agevolazione direttamente nella dichiarazione dei redditi, compilando la casella "casi particolari" del quadro C del modello 730 o RC del modello Redditi PF relativo ai redditi per lavoro dipendente e assimilati e indicando il reddito di lavoro dipendente nei righi corrispondenti già nella misura ridotta.
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