Rapporto di lavoro e volontà dei contraenti
A cura della redazione

Le principali manifestazioni della tendenza all'"oggettivazione"del contratto sono, da una parte, l'affermarsi di regole sempre più ispirate alla "teoria della dichiarazione" piuttosto che alla "teoria della volontà", dall'altra il crescente rilievo quantitativo di contratti che hanno ad oggetto beni di consumo e di servizi di massa e nei quali resta in ombra lo stesso elemento di una (valida) dichiarazione negoziale.
In sostanza, spesso il rapporto contrattuale nasce e produce i suoi effetti non già sulla base di valide dichiarazioni di volontà, ma piuttosto in base al contatto sociale che si determina tra le parti (cioè al complesso delle circostanze e dei comportamenti, valutati in modo socialmente tipico, mediante i quali si realizzano di fatto operazioni economiche e trasferimenti di ricchezza tra i soggetti).
Queste considerazioni di ordine generale trovano applicazione nel contratto di lavoro, dove nella maggior parte dei casi la conclusione non è formalizzata, desumendosi essa dall'esecuzione-accettazione della messa a disposizione delle energie lavorative dietro retribuzione, cosicché dall'esecuzione del rapporto si risale alla sua formazione, con conseguente valore dichiarativo dell'esecuzione stessa. Al pari dell'esecuzione, anche il suo contrario assume valore dichiarativo, per cui il comportamento protratto nel tempo che si risolve nella totale mancanza di operatività di un rapporto caratterizzato dal complesso intreccio di molteplici obbligazione reciproche, deve essere valutato in modo socialmente tipico quale dichiarazione risolutoria.
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