La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza n. C-29/2010, ha stabilito che, nell’ipotesi in cui il lavoratore svolga le sue attività in più di uno Stato contraente, ai fini dell’individuazione della legislazione applicabile, il paese in cui lo stesso lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro è quello in cui, o a partire dal quale, tenuto conto di tutti gli elementi che caratterizzano detta attività, il lavoratore adempie la parte sostanziale delle sue obbligazioni nei confronti del suo datore di lavoro.
La sentenza riguarda l’esatta interpretazione dell’art. 6, n. 2, lett. a) della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, secondo cui, in mancanza di scelta ad opera delle parti, il contratto di lavoro è regolato:
a) dalla legge del paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese, oppure
b) dalla legge del paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso paese,
a meno che non risulti, dall’insieme delle circostanze, che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In questo caso si applica la legge di quest’altro paese.