Premi convertiti in welfare: il momento impositivo è quello di effettiva percezione del fringe benefit
A cura della redazione
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 212 del 27/05/2019, ha precisato che in caso di premio di risultato convertito in beni e servizi, il momento rilevante ai fini del rispetto del limite detassabile di 3.000 euro (Art. 1, c. 182 e ss della Legge di Stabilità 2016 e ss.mm.) è il periodo d’imposta in cui il dipendente ha esercitato l’opzione prevista dall’accordo di secondo livello istitutivo del premio di risultato.
Nel caso sottoposto all’Agenzia delle entrate il premio di risultato 2018, poteva essere convertito in benefit, se la scelta veniva fatta entro il 31 maggio 2019. Pertanto il limite di 3.000 deve essere verificato nel periodo d’imposta 2019.
La stessa Agenzia ha anche risposto ad un secondo quesito concernente l’individuazione del momento impositivo in caso di percezione dei benefit sostitutivi del premio di risultato.
In particolare viene ricordato che in via generale, sia per le erogazioni in denaro che per quelle in natura, vige il principio di cassa secondo cui la retribuzione deve essere imputata in base al momento di effettiva percezione della stessa da parte del lavoratore.
E’ però necessario distinguere il caso in cui i beni e servizi vengono erogati direttamente dal datore di lavoro da quello in cui sono scelti dal dipendente avvalendosi di una piattaforma welfare on ine.
Nel primo caso, come ricordato anche dalla circolare A.E. n. 5/E del 2018, il momento di percezione e quindi fiscalmente rilevante è quello in cui il fringe benefit esce dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente.
Mentre se ci si avvale di una piattaforma, i benefit si considerano percepiti (e quindi esclusi dal reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51, c. 2 del TUIR) nel momento in cui il lavoratore effettua la scelta del servizio, indipendentemente quindi dal successivo momento in cui il servizio viene utilizzato o il rimborso erogato, ovvero il datore di lavoro provvede al versamento dei contributi al fondo di previdenza complementare o alla cassa sanitaria (se il lavoratore opta per questa finalità oppure il regolamento prevede tale versamento in caso di mancata scelta da parte del dipendente entro una certa data).
L’Agenzia coglie l’occasione anche per evidenziare che se le spese sostenute dal lavoratore costituiscono per quest’ultimo un onere detraibile o deducibile, il momento in cui il datore di lavoro le rimborserà rileverà ai fini della compilazione, da parte di quest’ultimo quale sostituto d’imposta, dell’apposita sezione della Certificazione Unica riservata ai “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione” ai sensi dell’art. 51 del TUIR.
Tra le informazioni che il sostituto d’imposta/datore di lavoro deve fornire, infatti, il “punto 701” individua l’anno nel quale è stata sostenuta la spesa rimborsata dallo stesso sostituto, informazione necessaria al fine di evitare che il lavoratore possa fruire di un doppio beneficio - non concorrenza al reddito di lavoro dipendente e detrazione/deduzione dell’onere rimborsato -.
Analoghe considerazioni, relativamente a tale ultimo aspetto, valgono anche in relazione al credito welfare per figli a carico.
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