Welfare
Piani welfare: funzione e limiti del regolamento aziendale
A cura della redazione
L’Agenzia delle Entrate (circ. 28/E del 2016 e circ. 5/E del 2018) ha precisato che il regolamento aziendale che configura l’adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non nel solo limite del cinque per mille, secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo testo unico.
Sul punto è intervenuta anche l’ A.E. Regione Lombardia con l’interpello 954-1417/2016 precisando che può essere considerato valido, ai fini della piena deducibilità, un regolamento aziendale che non consente, per un determinato periodo di tempo, al datore di lavoro, di modificare gli impegni assunti nei confronti dei dipendenti in materia di welfare. Infatti, in tale ipotesi, il lavoratore che aderisce al piano diventa titolare di un diritto soggettivo, al quale è correlato l’obbligo del datore che non può essere revocato volontariamente da quest’ultimo.
Quanto detto ha trovato conferma durante il Forum Lavoro 2017 dove l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ai vari quesiti, ha ribadito che la deducibilità integrale del costo presuppone tuttavia – laddove i benefit vengano offerti in conformità ad un regolamento – che il regolamento contenga statuizioni volte a configurare un vero e proprio vincolo obbligatorio. In assenza di tali previsioni, continua ad applicarsi l’ordinario limite di deducibilità del 5 per mille previsto per le erogazioni volontarie.
Il concetto è stato ribadito recentemente con l’Interpello n. 10 del 25 gennaio 2019, in cui le Entrate hanno precisato che, affinché un regolamento configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, lo stesso deve essere non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro.
Nei vari interventi l’Amministrazione finanziaria, però, non ha previsto un periodo minimo entro il quale il datore di lavoro non possa modificare il regolamento adottato. Nel silenzio, si ritiene che possa considerarsi “sufficientemente vincolante” per il datore di lavoro quel regolamento che abbia una validità almeno biennale.
Infine, anche se in via teorica l’Agenzia delle Entrate della Lombardia (Interpello n. 904-791/2017) ha precisato che non osta alla fruizione delle norme agevolative (art. 51 del TUIR) un piano welfare che subordina l'accesso ai vari servizi al raggiungimento di determinati obiettivi di performance aziendale ed individuale con espressa indicazione del "credito welfare" attribuibile in funzione del livello di ottenimento di tali obiettivi (nel vostro caso: fatturato, assenteismo, reclami dei clienti ecc.), si ritiene che sia più conforme alle finalità del legislatore riconoscere ai lavoratori comunque un fringe benefit, seppur in misura minima, anche in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Infatti, in caso contrario (ossia non riconoscere alcun bene o servizio previsto dal piano welfare) verrebbe snaturata la funzione del welfare aziendale che consistente nell’aumentare la soddisfazione dei propri dipendenti e rendere migliore l’ambiente di lavoro.
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