Permessi per allattamento nell'UE, il diritto del padre a fruirne è individuale
A cura della redazione
La Corte di Giustizia dell’UE, con la sentenza n. C-104/09 del 30 settembre 2010, ha preso in esame il c.d. “permesso per allattamento” che, istituito in Spagna (ma non solo) per agevolare l’allattamento al seno, ha finito con l’essere svincolato da tale obiettivo, arrivando ad essere considerato un periodo di tempo da dedicare alla cura del bambino ed una misura di conciliazione tra la vita familiare e la vita professionale a seguito del congedo di maternità.
E la norma nazionale oggetto d’attenzione è in questo caso lo Statuto dei Lavoratori spagnolo che prevede la possibilità per entrambi i genitori di usufruire del permesso in questione, purché lavorino entrambi e, inoltre, il padre può beneficiarne in luogo della madre lavoratrice, solo qualora la stessa sia una lavoratrice subordinata ed in quanto tale, abbia diritto al permesso per allattamento; in pratica, il diritto al riposo per allattamento in Spagna è per la madre un diritto di tipo individuale, mentre per il padre è solo un diritto derivato.
Il giudice spagnolo, ritenendo che una tale norma possa costituire una discriminazione in ragione del sesso ha sottoposto la seguente questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE: «se il principio di parità di trattamento, che vieta qualsiasi discriminazione in ragione del sesso, sancito dall’art. 13 [CE], dalla direttiva del Consiglio […] 76/207 […] e dalla direttiva 2002/73, osti ad una normativa nazionale (nel caso specifico, l’art. 37, n. 4, dello Statuto dei lavoratori) che riserva esclusivamente alle madri lavoratrici subordinate la titolarità del diritto ad un permesso retribuito per allattamento, fruibile nella modalità di una riduzione di una mezz’ora della giornata lavorativa o nell’astensione dal lavoro per un’ora, frazionabile in due periodi, che ha carattere facoltativo, la cui copertura finanziaria è a carico del datore di lavoro e che è usufruibile fino al compimento del nono mese di età del bambino, mentre la titolarità di tale diritto non è concessa ai padri che svolgono un’attività di lavoro subordinato».
Nell’UE, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva n. 76/207, è garantita negli Stati membri la parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda le condizioni di lavoro e il diritto a fruire del permesso per allattamento influisce di fatto sulle condizioni di lavoro, avendo riflessi proprio sull’orario di lavoro.
In effetti, per la Corte di Giustizia, ammettere che solo la madre lavoratrice subordinata abbia il diritto di assentarsi per un certo periodo durante la giornata per occuparsi della cura del bambino, mentre il padre avente lo stesso status di lavoratore subordinato può fruire di tale diritto senza averne la titolarità, finirebbe col perpetrare una distribuzione tradizionale dei ruoli tra uomini e donne nella famiglia, assegnando agli uomini solo un ruolo sussidiario a quello dello donne.
D’altra parte, non riconoscere un diritto individuale al padre avente lo status di lavoratore subordinato solo perché la madre non benefici dello stesso status, potrebbe comportare che le lavoratrici autonome siano costrette a limitare la propria attività e farsi carico da sole degli oneri conseguenti alla nascita del figlio, senza poter ricevere un aiuto dal padre del bambino.
Una norma che permette questo è, in definitiva, per i Giudici di Lussemburgo, discriminante.
Nel nostro paese, la norma che prevede i riposi c.d. per allattamento in favore del padre, durante il primo anno di vita del bambino, è l’art. 40 del D.Lgs. n. 151/2001, il quale stabilisce il diritto del padre lavoratore a fruirne:
a)nel caso in cui i figli siano affidati solo allo stesso;
b)in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c)nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d)in caso di morte o di grave infermità della madre.
Quindi, la normativa italiana è sicuramente in linea con le norme europee inerenti il divieto di discriminazione ed anzi, come tutta la nostra legislazione sulla maternità, è più tutelante.
In effetti nel nostro paese, non solo il padre può fruire dei riposi giornalieri retribuiti in alternativa alla madre lavoratrice che vi rinunci, autonoma o dipendente che sia, ma è ammessa la possibilità per i padri di godere di tali permessi anche quando la madre sia casalinga. Infatti, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 4293 del 9 settembre 2008, della circolare INPS n. 118/2009 e della lettera circolare B2009 del 12 maggio 2009 del Ministero del Lavoro, la ratio legis è quella di garantire al padre lavoratore la cura del neonato in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia occupato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito, e tale situazione si viene a concretizzare anche qualora la madre sia casalinga, proprio perché anche l’impegno casalingo viene ormai considerato un impegno lavorativo capace di distogliere la donna dalla cura del suo bambino.