Nuove sfide sociali, con un “secondo welfare e contrattazione”
A cura della redazione
In questi anni il “secondo welfare” è cresciuto, alimentato dalle nuove sfide poste dall’ emergenza sanitaria in atto che ha sottolineato la fragilità dimostrata dai sistemi sanitari, la difficile situazione di migliaia di lavoratori, oggi anche in condizioni di insicurezza economica e il problema della conciliazione lavoro-famiglia. Il lavoratore è inserito in una dinamica di relazioni, portatore di risorse, ma anche di bisogni. Dinamiche e consapevolezze nuove per l’azienda ma che necessitano anche con un dialogo sul territorio che porti a lavorare ancora di più per un welfare di comunità, sottolineando l’importanza dell’integrazione del welfare pubblico con un welfare integrativo e generando una rete che colleghi la comunità familiare e la comunità aziendale.
A livello nazionale, nel 2018 la contrattazione aziendale per il welfare è quasi raddoppiata: 38% contro il 22% del 2016 stimando una crescita del mercato dei provider nel periodo 2015-2018: da 500.000 a quasi 2 milioni di lavoratori fruitori; da 644 a 4.600 aziende che acquistano una piattaforma di welfare aziendale con un contributo importante allo sviluppo del welfare contrattuale. Anche nel corso del lockdown, si è confermata la centralità del welfare aziendale e delle azioni di Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI). Chi era già impegnato con dispositivi di welfare aziendale e responsabilità sociale durante la crisi ha maturato il convincimento che in futuro sarà opportuno assicurare ulteriori sforzi in questa direzione, a conferma che l’investimento realizzato prima della pandemia si è probabilmente rivelato positivo. Ora, muoversi nell’emergenza non deve far perdere di vista che questo investimento funziona solo se l’offerta si allinea ai bisogni. Diversi gli ambiti su cui il welfare aziendale ha contribuito in questo periodo: dal potenziamento delle gravi patologie alle risorse ai sistemi sanitari nazionali, dai costi per le infrastrutture tecnologiche alle soluzioni per gestire la complessità della conciliazione vita-lavoro, innalzando, di fatto, il terzo settore ad un ruolo decisivo perché è più radicato nella comunità e sul territorio.
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