La Corte di Cassazione, con la sentenza 23/08/2019 n.21863, ha deciso che se il datore di lavoro non prova di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato.

I giudici di legittimità hanno così deciso, conformandosi all’orientamento consolidato (Cass. n. 13959/2018, 27335/2017, 8212/2017 e 5241/2012), in merito ad un ricorso proposto, avverso ad una sentenza, da un datore di lavoro che si è visto condannare dalla Corte d’appello al pagamento a titolo risarcitorio di un’indennità pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in conseguenza dell’accertamento della nullità del termine apposto ai contratti a tempo determinato per omessa valutazione datoriale dei rischi.

La sentenza della Suprema Corte ha richiamato la ratio del legislatore (in origine l’art. 3 del D.Lgs. 368/2001, adesso l’art. 20 del D.Lgs. 81/2015) che ha sancito il divieto di stipulare contratti a tempo determinato per le imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. La norma ha carattere imperativo e persegue lo scopo di garantire una più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d’impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro.

Spetta al datore di lavoro l’onere di provare di aver assolto specificamente all’adempimento richiesto dalla normativa, se intende sottrarsi alle conseguenze della violazione della predetta disposizione.