Non sempre i contributi versati alle Casse sanitarie sono totalmente esenti
A cura della redazione
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 443 del 6/10/2020, in merito all’ambito di applicazione dell’art. 51, c.2, lett. a) del TUIR, ha ribadito che sussistono perplessità sul rispetto del principio di mutualità ogni qual volta per ciascun iscritto/dipendente, sussiste una stretta correlazione tra quanto percepito dalla Cassa sanitaria a titolo di contribuzione ed il valore delle prestazioni rese nei confronti del lavoratore o dei suoi familiari e conviventi, al punto che la prestazione sanitaria, ove erogata (sia prestazione diretta che rimborso spese) non può mai eccedere, in termini di valore, il contributo versato dal dipendente o dal suo datore di lavoro.
In questa ipotesi, secondo l’Agenzia delle entrate, il lavoratore non può beneficiare del vantaggio fiscale previsto dalla citata disposizione del TUIR, ma della detrazione prevista per le spese sanitarie rimaste a carico.
Nel caso sottoposto all’attenzione dell’agenzia delle entrate, un’azienda ha istituito un premio variabile di risultato riconoscendo ai dipendenti la possibilità di convertirlo in servizi e prestazioni (piano welfare istituito con regolamento) finalizzati al benessere personale e al supporto della vita familiare, per il tramite di una società provider, tra cui quelli erogati da una Cassa sanitaria consistenti in:
- rimborso delle spese mediche, elencate nello specifico Nomenclatore, sostenute dal dipendente iscritto e/o dai suoi familiari;
- copertura del rischio di non autosufficienza, c.d. "Long Term Care", garantendo a tutti gli iscritti l'erogazione di una rendita vitalizia al verificarsi di eventi che ne determinano la non autosufficienza;
- copertura spese odontoiatriche, mediante polizza assicurativa sottoscritta dalla Cassa Sanitaria a beneficio di tutti gli iscritti fino a un determinato massimale (750 euro), tramite l'accesso diretto alle strutture convenzionate con la compagnia assicurativa di riferimento della Cassa Sanitaria. Il rimborso monetario delle prestazioni erogate verrà effettuato direttamente da parte della compagnia assicurativa alla struttura sanitaria convenzionata.
Per questi ultimi servizi/prestazioni l’azienda ha preso in considerazione tre differenti combinazioni a fronte del versamento di una contribuzione annuale alla Cassa sanitaria pari a 200 euro per ogni dipendente, al netto della quota di iscrizione.
Secondo l’agenzia delle entrate, si possono quindi avere 3 situazioni fiscalmente differenti.
La prima ipotesi prevede rimborsi spese mediche erogati dalla Cassa sanitaria per un valore massimo di 190 euro e la copertura LTC tramite l’erogazione diretta da parte della Cassa sanitaria di una rendita vitalizia (entro il massimale di 14.000 euro). La Cassa, al fine di coprirsi dal rischio connesso alla suddetta erogazione, stipulerà una polizza con una compagnia assicurativa dove sarà sia contraente che beneficiaria, destinando una quota parte della contribuzione pari a 10 euro per iscritto. In questa prima ipotesi, i 200 euro versati alla Cassa sanitaria non concorreranno a formare reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art.51, c.2, lett. a) del TUIR.
La seconda situazione prevede invece rimborsi spese mediche erogati dalla Cassa sanitaria per un valore massimo di 150 euro e la copertura LTC tramite l’erogazione diretta da parte della Cassa stessa di una rendita vitalizia (entro il massimale di 14.000 euro). La Cassa, al fine di coprirsi dal rischio connesso alla suddetta erogazione, stipulerà una polizza con una compagnia assicurativa dove sarà sia contraente che beneficiaria destinando una quota parte della contribuzione pari a 5 euro per iscritto. Questa seconda offerta include anche la copertura odontoiatrica con destinazione della contribuzione pari a 45 euro annui per iscritto, mediante sottoscrizione della Cassa sanitaria di una specifica polizza assicurativa, dove la Cassa sarà contraente unica ma i beneficiari saranno i lavoratori. Questi ultimi possono beneficiare delle prestazioni odontoiatriche direttamente presso le strutture convenzionate della compagnia assicurativa senza alcun esborso ed entro il massimale di 750 euro. In questo caso i contributi versati alla Cassa non concorreranno alla formazione del reddito di lavoro dipendente per la parte relativa ai rimborsi spese mediche e alla copertura LTC, ai sensi dell’art.51, c.2, lett. a) del TUIR, mentre i contributi destinati alla copertura odontoiatrica ricadranno nell’ambito di applicazione dell’art. 51, c. 3 del TUIR (limite innalzato da 258,23 euro a 516,46 euro per il solo anno 2020).
Infine, l’ultima situazione presa in esame dall’azienda prevede rimborsi spese e copertura odontoiatrica come l’opzione 2, mentre la copertura LTC avviene tramite l’erogazione diretta da parte di una compagnia assicurativa, con la quale la Cassa stipula un’apposita polizza, di una rendita vitalizia (entro il massimale di 14.000 euro). La Cassa destina una quota parte della contribuzione pari a 5 euro per iscritto. In questo caso non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente nel limite di 258,23 euro ai sensi dellart. 51, c. 3 TUIR (limite raddoppiato per il solo anno 2020) la parte della contribuzione destinata alla copertura delle polizze assicurative per LTC e spese odontoiatriche, mentre non può godere del regime agevolato di cui all’art.51, c.2, lett. a) del TUIR la restante parte del contributo versato alla Cassa per un importo di euro 150 euro, dato che quest’ultima eroga rimborsi per spese mediche per un valore non superiore al predetto importo.
Per quanto riguarda l’iscrizione alla Cassa sanitaria, l’Agenzia delle entrate distingue tra la quota a carico lavoratore e quella a carico datore di lavoro. Per la prima ritiene che non sia corretto escludere dalla base imponibile tale importo, in quanto lo stesso non è direttamente inerente agli obiettivi perseguiti dalla Cassa medesima. Invece alla quota a carico datore di lavoro non può essere riconosciuta natura reddituale per il lavoratore.
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