L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 148 del 28 dicembre 2018, ha chiarito che uno Stato contraente ha potestà impositiva, oltreché sui redditi di lavoro dipendente ovunque prodotti dal soggetto residente, anche sui redditi di lavoro dipendente prodotti da un soggetto non residente sempreché, però, la prestazione lavorativa sia svolta nel suo territorio.

In particolare, in ragione dell’art. 23, c. 1, lett. c), del TUIR, nonché dell’art. 15 del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, nella fattispecie in esame, la società istante, con sede in Italia, previa presentazione, da parte del lavoratore non residente, di apposita domanda corredata della certificazione di residenza fiscale - rilasciata dalla competente autorità fiscale estera - non è tenuta ad operare le ritenute ai fini IRPEF sul reddito di lavoro dipendente prodotto dai lavoratori dipendenti non residenti, per l’attività lavorativa svolta al di fuori del nostro Paese.

Al fine di individuare il reddito di lavoro dipendente non imponibile in Italia, in quanto prodotto all’estero da un soggetto non residente, occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante il quale la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il periodo totale – espresso anch’esso in giorni - di distacco in Italia del lavoratore presso la società italiana.

Affinché tale criterio sia applicato correttamente, si precisa che il numero dei giorni indicati al numeratore e al denominatore del rapporto deve essere individuato con criteri omogenei.

Allo scopo, si rileva che possono ritenersi i termini del rapporto omogenei qualora il periodo di lavoro considerato al numeratore del rapporto sia assunto al netto delle festività, week end e ferie e, analogamente, il periodo di lavoro del denominatore è calcolato anch’esso al netto di festività, week end e ferie.