La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6900 del 20 marzo 2018, ha affermato che nell’ipotesi in cui le parti del rapporto di lavoro part-time prevedono una clausola elastica «a chiamata» e questa risulta illegittima, il datore è chiamato a risarcire il danno al lavoratore.

Il contratto di lavoro rimane comunque valido e non opera la conversione dello stesso, ma il lavoratore deve essere risarcito in ragione della maggiore onerosità e penosità della prestazione lavorativa.

Nel caso da cui ha avuto origine il giudizio, al rapporto di lavoro a tempo parziale era stata apposta, in violazione del D.L. n. 726/1984 (all’epoca vigente e poi abrogato e sostituito dal D.Lgs. 61/2000, a sua volta abrogato e sostituito, da ultimo, dal D.Lgs. n. 81/2015) una riserva in favore del datore di lavoro di una turnazione disposta unilateralmente. In pratica, si prevedeva una sorta di «clausola elastica a chiamata»: il lavoratore part-time si rendeva disponibile all’eventuale chiamata del datore per lo svolgimento di un’attività ulteriore.

La Corte ricorda che clausole elastiche o flessibili possono essere apposte al contratto part-time e devono risultare da patto scritto espressamente sottoscritto dal lavoratore. Le stesse possono essere contenute nel contratto di lavoro o, se sono riportate in un patto successivo, quest’ultimo deve comunque essere precedente alla variazione di orario.