Secondo il rapporto welfare Index PMI 2018, il 35,6% dei datori di lavoro inserisce nei piani welfare, per iniziativa unilaterale aziendale, misure che forniscono un sostegno economico ai dipendenti e tra queste quella più presente è l’erogazione dei buoni pasto aggiuntivi rispetto a quelli previsto dai contratti collettivi.

Il vantaggio per i dipendenti consiste nel fatto che il valore del buono pasto non costituisce reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo giornaliero pari a 5,29, aumentato a 7 euro nel caso in cui sia erogato in formato elettronico, così come previsto dall’art. 51, c.2, lett. c) del TUIR.

Ma il buono pasto, per quanto sia una misura che viene istituita dal 10,5% delle PMI analizzate non è l’unica iniziativa che viene adottata per sostenere economicamente i propri dipendenti.

In quest’area vi rientrano anche le convenzioni che l’azienda stipula con i ristoranti presenti nel territorio nel caso in cui non sia in grado di istituire direttamente una mensa aziendale. Dal punto di vista fiscale le convenzioni con i ristoranti della zona sono una vera e propria mensa aziendale con la conseguenza che per il lavoratore sono totalmente esenti. Infatti la citata lett. c) prevede espressamente che non costituiscono reddito di lavoro dipendente le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi.

Invece nel 6,3% dei casi i datori di lavoro forniscono alloggi gratis ai propri dipendenti oppure a prezzi agevolati. In questo caso la determinazione del reddito di lavoro dipendente è determinata in misura convenzione secondo il disposto dell’art. 51, c. 4, lett. c) del TUIR.

Un aiuto al portafoglio dei dipendenti arriva anche dalle convenzioni che l’azienda stipula con negozi o grandi magazzini per l’acquisto dei beni di consumo. Si tratta di un benefit questo che fiscalmente è esente fino a 258,23 euro ai sensi del comma 3 del citato articolo del TUIR.

Anche le spese che il dipendente deve affrontare per recarsi al lavoro possono essere inserite nel piano welfare, ad esempio attraverso l’erogazione dei buoni benzina oppure sostenendo in generale le spese per l’automobile, compreso il costo dei ticket autostradali. Tutte spese che restano esenti purché rispettino il limite di 258,23 euro.

Sono invece di poco superiori al 3% le PMI che erogano prestiti agevolati, microcredito o garanzie per i mutui ai propri dipendenti. In questo caso la determinazione del reddito di lavoro dipendente è determinata in misura convenzione secondo il disposto dell’art. 51, c. 4, lett. b) del TUIR.

Chiude, infine quest’area le spese per gli abbonamenti ai mezzi di trasporto pubblici, che se rispettano le condizioni previste dall’art. 51, c.2, lett. d-bis) possono non solo essere sostenute direttamente dal datore di lavoro, ma anche essere oggetto di rimborso. Quest’ultima misura è particolarmente interessante perché può riguardare anche le spese di trasporto sostenute dai familiari dei dipendenti. Si pensi ad esempio alle spese di trasporto scolastico.