NASpI: i permessi per assistere il disabile non sono utili ai fini delle tredici settimane di contribuzione
A cura della redazione
L’INPS, con il messaggio n. 2178 del 26 maggio 2017, ha fornito chiarimenti in merito alla determinazione del quadriennio utile per la ricerca di 13 settimane di contribuzione e della determinazione dei 12 mesi per la ricerca di trenta giornate di lavoro effettivo ai fini della NASpI, alla luce della sentenza della Corte Cost. n. 203/2013.
Si ricorda, innanzi tutto, che la suddetta sentenza aveva stabilito l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, c. 5, del D.Lgs. 151/2001 nella parte in cui, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario il parente o l’affine entro il terzo grado convivente della persona in situazione di disabilità.
Successivamente, l’Istituto di previdenza, con la circolare 94/2015, aveva chiarito che, ai fini della NASpI, i permessi e i congedi, fruiti dal lavoratore per assistenza e cura dei soggetti disabili, non possono considerarsi utili né per il raggiungimento delle 13 settimane, né per il raggiungimento delle 30 giornate, ma devono essere neutralizzati, con conseguente ampliamento rispettivamente del quadriennio e dei dodici mesi di riferimento.
L’INPS, infine, alla luce della sentenza in esame, con il messaggio 2178/2017, ha precisato che i periodi da neutralizzare devono intendersi quelli relativi a permessi e congedi che sono stati riconosciuti al familiare o affine entro il terzo grado convivente del disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla norma, secondo il seguente ordine di priorità:
- il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
- il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;
- uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- un parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
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