La Corte di Cassazione, con la sentenza 13/12/2016 n.25556, ha deciso che, se il rapporto di lavoro è cessato senza atti formali di licenziamento o dimissioni, in presenza di contrapposte tesi circa la causa della cessazione, devono essere valutati eventuali episodi consistenti nell’offerta di prestazioni da parte del lavoratore e nel rifiuto o mancata accettazione delle stesse da parte del datore di lavoro.

Nel caso in esame una lavoratrice part time alle dipendenze di una parrucchiera si era rivolta al giudice di merito al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatole dall’azienda oralmente e la conseguente riammissione in servizio, oltre al risarcimento del danno.

Dopo i primi due gradi di giudizio che hanno dato ragione alla lavoratrice, l’azienda ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che non si era trattato di un licenziamento orale ma di dimissioni dell’intimata. Ciò trovava conforto, secondo il datore di lavoro, sia nelle deposizioni acquisite ad istanza della ricorrente azienda sia nel lungo lasso di tempo che era intercorso tra l’effettiva cessazione del rapporto di lavoro e la successiva offerta della prestazione della lavoratrice. In sostanza se si fosse trattato di licenziamento la lavoratrice avrebbe dovuto offrire la propria prestazione in tempi brevi.

La Suprema Corte ha invece condiviso le decisioni dei giudici di merito che sono giunti alla conclusione che non vi era prova sufficiente a dimostrare che la cessazione della prestazione lavorativa era imputabile alle dimissioni della lavoratrice.