L’incarico dell’amministratore di società può anche essere gratuito
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 21/06/2017 n.15382, ha deciso che l’amministratore di una società, con l’accettazione della carica, acquisisce il diritto ad essere compensato per l’attività svolta in esecuzione dell’incarico affidatogli, ma essendo tale diritto di natura disponibile può anche essere derogato.
Il principio non è nuovo. Già con la sentenza 243/1976 la Suprema Corte si era espressa in tal senso, evidenziando che il diritto dell’amministratore ad essere compensato è un diritto disponibile e come tale può essere derogato da una clausola dello statuto della società, che condizioni lo stesso al conseguimento degli utili ovvero sancisca la gratuità dell’incarico.
Ma andiamo con ordine partendo dal fatto che ha formato oggetto della sentenza. Un amministratore si era rivolto al tribunale al fine di ottenere il pagamento di quanto dovutogli per l’incarico ricoperto in una società per un determinato periodo di tempo.
I giudici di merito hanno però respinto il ricorso rilevando che il diritto dell’amministratore è disponibile e può anche essere derogato da una clausola dello statuto della società che stabilisca la gratuità dell’incarico.
Anche la Corte di Cassazione si è allineata ai giudici dei primi due gradi di giudizio, evidenziando che il compenso ex art. 2389 c.c., essendo un diritto avente natura disponibile, resta indifferente alla circostanza che l’amministratore rivesta o meno anche la qualità di socio.
Inoltre, non può essere riconosciuto all’amministratore un diritto ex lege al compenso dato che è un organo al quale sono affidati poteri di gestione della società. Più precisamente l’amministratore è legato all’azienda da un rapporto di tipo societario che si caratterizza essenzialmente per l’immedesimazione organica, così da escludere la sussistenza di un rapporto contrattuale. Rapporto che nel caso in cui fosse riconducibile alla parasubordinazione non darebbe comunque luogo all’applicazione dell’art. 36 Cost. (relativo al diritto ad un retribuzione proporzionata e sufficiente) la cui portata applicativa è limitata al lavoro subordinato.
Medesimo discorso va fatto se il rapporto è riconducibile ad un lavoro professionale autonomo. Anche in questo caso non sussistere un diritto al compenso, dato che l’onerosità non costituisce un requisito indispensabile dell’attività prestata in tale forma. Anzi il lavoro autonomo, è per opinione comune, perfettamente configurabile come gratuito (Cass. 2769/2014).
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