L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 383 del 18/09/2020, ha precisato che i premi che vengono versati dal datore di lavoro ad una compagnia assicurativa con la quale è stata stipulata una polizza collettiva sulla vita a favore dei lavoratori, concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ferma restando l’applicazione del comma 3 dell’art. 51 del TUIR. Quest’ultima disposizione prevede che il valore dell’emolumento in natura non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente se, sommato al valore degli altri eventuali beni e servizi in natura concessi al dipendente nel medesimo periodo d’imposta, non risulta superato l’importo complessivo di 258,23 euro (516,46 per il solo anno 2020). Infatti l’importo dei contributi versati dall’azienda è volto a garantire un beneficio aggiuntivo della retribuzione (c.d. fringe benefit) dei lavoratori dipendenti, costituito dalla titolarità dell’interesse economico che viene protetto dalla polizza stessa. Resta fermo invece che le somme successivamente riscosse dal lavoratore (beneficiario della polizza) dovranno essere assoggettate al regime tributario tipico dei capitali rinvenienti dai contratti di assicurazione sulla vita. In particolare dovrà essere applicata l’aliquota vigente nel periodo di maturazione di tali redditi e pertanto nella misura: del 12,50% per la parte dei redditi maturati fino al 31/12/2011, 20% per quelli dal 1/01/2012 al 30/06/2014 e del 26% per quelli maturati a decorrere dal 1° luglio 2014.