La Corte di Cassazione, con la sentenza 10/03/2015 n. 4757 ha deciso che è illegittimo il licenziamento disposto per inidoneità sopravvenuta del lavoratore allo svolgimento delle mansioni quando è stato disposto solo un accertamento compiuto dal medico competente, senza aver atteso gli esiti del successivo riesame da parte della commissione sanitaria. 

La Suprema Corte giunge a questa conclusione partendo dal fatto che contro la valutazione del medico competente che accerta l’idoneità fisica alla mansione, temporanea o permanente che sia, è possibile presentare ricorso, entro 30 giorni dalla comunicazione del giudizio medico, all’organo di vigilanza territorialmente competente. 

Inoltre, sempre secondo la Corte di Cassazione, l'illegittimità del licenziamento emerge anche sotto il profilo del mancato accertamento circa la possibilità di adibire il lavoratore allo svolgimento di altre mansioni disponibili in azienda, compatibili con le sue ridotte condizioni psico-fisiche. 

In sostanza in presenza di un licenziamento motivato con la inidoneità fisica al lavoro, il datore è chiamato a dimostrare l’impossibilità di utilizzare il dipendente in mansioni equivalenti e in un ambiente compatibile con il suo stato di salute, essendo il medesimo datore tenuto, inoltre, a confutare le allegazioni espresse dal dipendente circa il suo possibile repêchage in altre mansioni nell’ambito della compagine aziendale. La Suprema corte ha precisato che, in tale contesto, non costituisce violazione del principio costituzionale di libertà di iniziativa economica la decisione del giudice di dichiarare l’illegittimità del licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione, se il datore non ha preventivamente valutato la possibilità di assegnare al dipendente mansioni diverse e di pari livello. 

Questa conclusione, secondo la sentenza 4757/2015, può essere superata unicamente se la riassegnazione del lavoratore ad altre posizioni possa indurre un’alterazione dell’organizzazione aziendale o un trasferimento di altri lavoratori.