La Corte di Cassazione, con la sentenza 2/05/2017 n.10642, ha deciso che se il licenziamento viene dichiarato illegittimo per violazione del principio dell’immediatezza della contestazione, al dipendente che non viene reintegrato nel posto di lavoro, spetta sia l’indennità sostitutiva del preavviso non lavorato sia l’indennità risarcitoria ex art.18, c.6, della L. 300/1970.

Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, un lavoratore dipendente di un istituto di credito, dopo essere stato licenziato per giusta causa, ha impugnato il recesso datoriale davanti al Tribunale del lavoro affinché venisse dichiarato illegittimo il recesso poiché adottato a distanza di due anni dalla contestazione dei fatti.

La società si era difesa sostenendo che non sussisteva la tardività del licenziamento disciplinare, perché il momento in cui ha avuto concreta conoscenza dei fatti posti alla base del recesso non deve essere individuato nella denuncia avanzata da un correntista, ma nell’esito della lunga e complessa indagine interna che ha accertato le irregolarità commesse dal dipendente.

I giudici dei primi due gradi di giudizio hanno accolto il ricorso del lavoratore, riqualificando il licenziamento come licenziamento per giustificato motivo soggettivo e condannando la società a pagare oltre all’indennità risarcitoria ex art. 18, c. 6 della L. 300/1970 anche l’ulteriore somma a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

L’azienda si è così rivolta alla Corte di Cassazione la quale ha ritenuto infondati i motivi del ricorso, ricordando che ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l’esercizio del potere disciplinare, la tempestività di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto al lavoratore medesimo nelle sue linee essenziali, la cui prova e a carico del datore di lavoro (Cass. n.4724/2014 e 7410/2010).

Sempre secondo la Suprema Corte (sent. n. 1248/2016 e 281/2016), il criterio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, poiché si deve tener conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, tra cui il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti e la complessità dell’organizzazione aziendale.

Nel caso in esame invece il nucleo essenziale dei fatti che ha formato oggetto di contestazione, era conosciuto dalla società già da due anni e la stessa azienda non ha provato la necessità degli ulteriori approfondimenti ispettivi.

In merito al cumulo dell’indennità sostitutiva del preavviso con l’indennità risarcitoria, la Corte di Cassazione ha ricordato che la prima spetta se ricorrono i seguenti requisiti: il recesso dal rapporto di lavoro viene effettuato senza preavviso dal datore di lavoro e manca la giusta causa.

Nel caso in esame sussistono entrambi. Infatti, esiste il primo perché, una volta applicata la tutela meramente indennitaria di cui all’art.18 St. Lav., il giudice ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento. Al lavoratore quindi non è stato dato preavviso, né la risoluzione del rapporto è stata in qualche modo posticipata rispetto alla data di intimazione del licenziamento, che resta un licenziamento in tronco.

Sussiste anche il secondo requisito, poiché la violazione delle garanzie procedimentali dell’art. 7 della L. 300/1970, comporta l’impossibilità, per il datore di lavoro, di far valere l’eventuale giusta causa di recesso, anche se poteva essere ravvisabile.

In sostanza il cumulo dell’indennità risarcitoria e dell’indennità sostitutiva del preavviso spetta in ogni caso di tutela meramente indennitaria e non reintegratoria prevista a fronte di un licenziamento illegittimo, dato che la reintegra, ripristinando il rapporto di lavoro non ammette l’indennità sostitutiva del preavviso.

Entrambe possono coesistere, non essendo tra loro contradditorie e avendo una diversa ratio: una mira a ristorare il lavoratore dal disagio conseguente alla necessità di reperire nuova occupazione, mentre l’altra è una penale determinata dal legislatore a fronte dell’illegittimo recesso (Cass. sent. n. 13732/2006).