Licenziamento per giusta causa legittimo non solo per violazione dell’obbligo di fedeltà
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 15/10/2019 n.26023, ha deciso che il datore di lavoro può legittimamente licenziare per giusta causa il dipendente non solo quando quest’ultimo ha violato l’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c., ma anche quando ha tenuto una condotta in contrasto le finalità e gli interessi dell’azienda.
Nel caso sottoposto a giudizio della Corte di Cassazione, una lavoratrice era stata licenziata per giusta causa per aver consegnato al direttore generale, coinvolto in procedimenti penali, con la complicità di un altro dipendente e con modalità clandestine, documentazione riservata di proprietà del datore di lavoro, oltre a non aver alcuna ragione di accedere alla medesima.
Nei primi due gradi di giudizio la lavoratrice è risultata soccombente. In particolare la Corte d’appello ha ritenuto particolarmente grave la condotta contestata e adeguata la sanzione espulsiva, alla stregua degli obblighi di fedeltà e riservatezza imposti in linea generale a tutti i dipendenti.
La lavoratrice ha così proposto ricorso in Cassazione la quale lo ha rigettato, conformandosi all’orientamento consolidato secondo cui dal collegamento dell’obbligo di fedeltà, di cui all’art. 2105 c.c., con i principi generali di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. deriva che il lavoratore deve astenersi non solo dai comportamenti espressamente vietati dal citato art. 2105. Ma anche da qualsiasi altra condotta che, per la natura e per le sue possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o crei situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto.
Riproduzione riservata ©