La Corte di Cassazione, con la sentenza 7/07/2009 n.15915, ha deciso che il lavoratore che è stato ingiustamente licenziato può chiedere al giudice che l'azienda venga condannata al risarcimento del danno per non aver osservato l'ordine di reintegrazione in precedenza disposto dal tribunale.
Infatti la Suprema Corte, pur rilevando che in materia non trova applicazione l'art.2103 cod. civ., ha deciso che il risarcimento dei danni professionali conseguenti alla mancata reintegrazione nel posto di lavoro rientra nella fattispecie prevista dall'art. 18 St. Lav. poichè quella regolata dal codice civile, presuppone l'attualità in fatto e in diritto del rapporto lavorativo ed una dequalificazione intervenuta nel corso dello stesso.
Ne consegue che l'art. 2103 c.c. presenta una propria specificità e marcati caratteri differenziali rispetto alla ipotesi della inottemperanza all'ordine giudiziale di reintegra, che è invece regolata dall'art. 18. Quindi nel regime di tutela reale dello Statuto dei lavoratori,  avverso i licenziamenti illegittimi, la predeterminazione legale del danno risarcibile in favore del lavoratore non esclude che il lavoratore possa ottenere il risarcimento del danno ulteriore che gli sia derivato dal ritardo nella reintegra.
Quanto alla prova di siffatto ulteriore danno, escluso che possa ritenersi in re ipsa è, però, da ritenersi ammissibile che, a fronte di precise allegazioni, quali ad esempio, della lunga inattività e/o di una particolare collocazione lavorativa che richieda un continuo, costante aggiornamento di cognizioni e conoscenze incompatibili con uno stato di inoperosità, il giudice possa avvalersi, per considerare raggiunta la relativa dimostrazione, della prova presuntiva.