La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1575 del 26 gennaio 2010 ha stabilito che il mero esaurimento delle mansioni cui il lavoratore è stato originariamente adibito non è, di per sé, sufficiente a giustificare la sua dequalificazione.
L'art. 2103 c.c. sancisce che il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
Non vi è l'obbligo in capo al datore di lavoro di mantenere immutate le mansioni di assunzione, ma, in caso spostamento ad altre mansioni, vi è l'obbligo di adibire il dipendente a mansioni equivalenti. Pertanto, qualunque sia la ragione della modifica delle mansioni (tanto nel caso in cui le mansioni originarie siano assegnate ad altro dipendente, quanto nel caso in cui le stesse si siano esaurite), lo spostamento del lavoratore ad altre mansioni deve attenersi alla regola dell'equivalenza. E, in caso di contestazione, la relativa verifica non può essere omessa sul presupposto che le mansioni di provenienza fossero venute meno nella organizzazione aziendale.