Tra le spese previste sia dalla lett. f) che f-bis) dell’art. 51, c.2, del TUIR, nel nuovo testo modificato dalla Legge di Stabilità 2016, che possono essere inserite nei paini welfare e quindi sostenute dall’azienda, vi sono quelle legate all’educazione e all’istruzione del dipendente e/o dei familiari dello stesso.

Le due disposizioni si differenziano tra loro in quanto la lett. f) prevede che le opere ed i servizi siano offerti alla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti e loro familiari (individuati dall’art. 12 del TUIR) e non ammette il rimborso delle spese, mentre la lett. f-bis) prevede che le somme, i servizi e le prestazioni siano erogati alla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti, ma la fruizione degli stessi spetti ai loro familiari. In quest’ultimo caso è ammesso anche il rimborso delle spese.

Ma cosa si intende per spese di istruzione? Solo il costo di iscrizione alla scuola o all’università oppure è possibile farvi rientrare anche altri costi, come ad esempio quelli legati all’acquisto dei libri?

La risposta a questi interrogativi la troviamo nella circolare che l’Agenzia delle entrate annualmente pubblica sul proprio sito internet contenente le indicazioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi.

In attesa che venga emanata la circolare per l’anno 2018, quella dello scorso anno (circ. 4/04/2017 n.7E), analizza nel dettaglio le spese di istruzione (universitarie e non) che possono essere portate in detrazione.

Secondo l’Agenzia delle entrate, le spese non universitarie comprendono, prima di tutto, i costi per la frequenza di: scuole dell’infanzia (ex scuole materne); scuole primarie e scuole secondarie (ex scuole elementari e medie); scuole secondarie di secondo grado (ex scuole superiori) sia statali sia paritarie private che degli enti locali.

Sono compresi anche i costi di iscrizione ai corsi istituiti in base all’ordinamento antecedente al DPR 212/2005 presso i Conservatori di musica e di istituti musicali pareggiati. I nuovi corsi di formazione istituiti ai sensi del citato DPR possono, invece, considerarsi equiparabili alle spese sostenute per l’iscrizione ai corsi universitari.

Tra le spese di istruzione sono ammesse, in quanto connesse alla frequenza scolastica, le tasse (a titolo di iscrizione e di frequenza) e i contributi obbligatori.

Vi rientrano, inoltre, i contributi volontari e le erogazioni liberali deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica, finalizzati a coprire le spese per: la mensa scolastica e per i servizi scolastici integrativi quali l’assistenza al pasto e il pre e post scuola, le gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa deliberato dagli organi d’istituto (corsi di lingua, teatro, ecc., svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza).

Secondo la circolare 7E/2017 restano invece escluse dalla detrazione le spese relative all’acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici per la scuola secondaria di primo e secondo grado ma nulla toglie che il piano welfare predisposto in azienda possa includere anche tali spese.

Nel caso in cui si intenda applicare la disposizione contenuta nella lett. f-bis) e quindi procedere al rimborso delle spese è necessario che il dipendente presenti le ricevute o la quietanza di pagamento recante gli importi sostenuti per la frequenza scolastica e la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario del pagamento con riportata nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno.

Ricevute o quietanze dovranno essere presentate al datore di lavoro anche per le spese per le gite scolastiche, l’assicurazione della scuola e gli altri contributi scolastici.

Invece rientrano nel concetto di spese di istruzione universitaria quelle sostenute per la frequenza di corsi di istruzione universitaria, corsi di specializzazione, corsi di perfezionamento, master universitari, corsi di dottorato di ricerca, Istituti tecnici superiori (ITS) e nuovi corsi istituti ai sensi del DPR 212/2005 presso i Conservatori di musica e gli Istituti musicali pareggiati.

Più precisamente le spese di istruzione comprendono: le tasse di immatricolazione ed i iscrizione (anche se gli studenti sono fuori corso); le soprattasse per esami di profitto e laurea; la partecipazione ai test di accesso ai corsi di laurea e la frequenza dei Tirocini formativi attivi per la formazione inziale dei docenti.

Anche in merito alle spese universitarie, secondo la circolare 7E/2017 restano escluse dalla detrazione i contributi pagati all’università pubblica relativamente al riconoscimento del titolo di studio (laurea) conseguito all’estero ed i costi per l’acquisto dei libri di testo, degli strumenti musicali, del materia di cancelleria, dei viaggi ferroviari e quelli relativi al vitto e all’alloggio necessari per la frequenza, ma nulla toglie che il piano welfare predisposto in azienda possa includere anche tali spese.

In caso di rimborso spese il lavoratore dovrà presentare al datore di lavoro le ricevute e le quietanza di pagamento recanti gli importi sostenuti.