La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 19 luglio 2017 pronunciata in relazione alla causa C-143/16, ha ritenuto conforme alle norme comunitarie il dettato dell’art. 34 del D.Lgs. 276/2003 che, in materia di lavoro intermittente, stabiliva che lo stesso potesse essere concluso, tra le diverse ipotesi, con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni contrattuali fossero svolte entro il 25° anno di età.

Si ricorda preliminarmente che la disposizione in questione è stata abrogata dal D.Lgs. n. 81/2015 che però, laddove ha disciplinato il lavoro a chiamata, ha confermato il disposto previgente. Pertanto, le considerazioni della Corte devono essere ritenute ancora attuali.

Per quanto riguarda la fattispecie concreta, il lavoratore era stato assunto da una nota catena di abbigliamento con contratto di lavoro a chiamata e, dopo alcuni mesi, aveva ricevuto una comunicazione con la quale lo si avvertiva che il rapporto di lavoro era terminato alla data coincidente con il compimento del suo 25° anno di età, a causa del venir meno (in tale data) del requisito soggettivo dell’età. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, ritenendo che la disciplina recata dalla disposizioni in argomento fosse contraria al principio di non discriminazione in base all’età.

La Corte europea ha ritenuto non fondata la questione, dichiarando che è legittima una disposizione nazionale che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, giacché tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e i mezzi per conseguire tale finalità sono appropriati e necessari.