L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello del 11/12/2019 n. 512, ha precisato che se un lavoratore autonomo ha emesso fattura quando era residente in Italia, ma ha percepito il compenso quando risultava fiscalmente residente all’estero, ai fini fiscali, per il principio di cassa, rileva il momento di percezione, con la conseguenza che trova applicazione il regime previsto dall’art. 25, c.2, primo periodo del DPR 600/1973, consistente nell’applicare la ritenuta a titolo d’imposta del 30%.

Nel caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate, un lavoratore autonomo con partita IVA aveva svolto la sua attività in Italia fino agli ultimi mesi del 2018, per poi trasferirsi in Spagna ed essere assunto come lavoratore dipendente, dichiarando di essere fiscalmente residente all’estero avendo portato in quel Paese oltre alla propria dimora abituale anche il domicilio e il centro vitale dei suoi interessi.

L’Agenzia delle entrate, dopo aver ricordato che la distinzione tra un lavoratore autonomo residente e uno non residente, dal punto di vista fiscale, si basa sul fatto che nel primo caso sui compensi trova applicazione la ritenuta del 20% a titolo di acconto IRPEF, mentre nel secondo caso la ritenuta a titolo d’imposta del 30%, ha precisato che nel caso in esame i compensi relativi alle prestazioni di lavoro autonomo rese nel 2018 diventano rilevanti, ai fini Irpef, solo nel momento in cui vengono effettivamente percepiti.

Poiché questo è avvenuto nel 2019 quando il soggetto non era più fiscalmente residente in Italia, troverà applicazione la ritenuta a titolo d’imposta del 30%.

Infine, conclude l’Agenzia delle entrate, trattandosi di un reddito derivante dall’esercizio di un’attività indipendente svolta nel 2018 sul territorio italiano, il nostro Paese conserva la potestà impositiva sugli emolumenti, sebbene percepiti nell’anno successivo quando è venuta meno la residenza fiscale. Questo per effetto della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia –Spagna.