La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21625 del 21 ottobre 2010, ha stabilito che il lavoro a domicilio, anche nel caso in cui non vi sia la garanzia riguardo alla continuità ed entità delle commesse, è, pur sempre, lavoro subordinato.
Nel lavoro a domicilio la prestazione del lavoratore è resa in modo continuativo all’esterno dell’azienda (in sostituzione del lavoro eseguito all’interno), realizzando, in tal modo, una forma di decentramento produttivo. Nella fattispecie, il vincolo di subordinazione è, comunque, determinato dall’inserimento della prestazione del lavoratore nel ciclo produttivo aziendale, dallo svolgimento, da parte dello stesso, di attività analoghe o complementari a quelle realizzate in azienda e dalla sottoposizione alle direttive (impartite anche solo una volta) dell’imprenditore, a nulla rilevando l’eventuale precarietà delle commesse.