la Cassazione limita i risarcimenti in caso d'incidente nel tragitto casa-lavoro
A cura della redazione
Con questa sentenza la Suprema Corte, analizzando il caso di una lavoratrice fiorentina che aveva subito un incidente mentre rincasava dal lavoro con la propria auto, ha colto l'occasione per fissare definitivamente i casi nei quali il lavoratore ha diritto al risarcimento.
Infatti, secondo l'orientamento tracciato con questa decisione, il lavoratore non sempre ha diritto a rivendicare l'indennizzo se ha un incidente durante il tragitto casa - lavoro.
Rimane così il diritto ad un risarcimento "per causa di lavoro" nel caso in cui la strada percorsa presenti rischi diversi da quelle delle ordinarie vie di comunicazione, ad esempio su una strada di montagna. Si ha diritto poi all'indennizzo se il lavoratore è costretto ad utilizzare la propria auto per assenza di mezzi pubblici tra dimora e luogo di lavoro, o perché imposto o autorizzato, per interesse aziendale, dal datore di lavoro. Inoltre è previsto il risarcimento anche se le condizioni del servizio pubblico siano tali da creare rilevante disagio per il lavoratore, prolungandone oltre misura l'assenza dalla sua famiglia.
La Suprema corte ha stabilito che, fatta eccezione per i quattro casi sopra elencati, il lavoratore non ha diritto all'indennizzo con mezzo privato; a meno che egli abbia coperto la distanza casa - lavoro a piedi o facendo uso dei mezzi pubblici. In questi ultimi casi, infatti, sancisce l'Alta Corte, "vi è sempre indennizzabilità per infortunio in itinere".
Sulla base di queste regole, la Sezione lavoro, riconfermando la decisione del Tribunale di Prato, ha negato l'indennizzo alla lavoratrice fiorentina poiché, in questo caso, ha ritenuto non sussistessero gli estremi dell'indennizzo perché l'uso del mezzo - si legge nella sentenza - "era dettato da mera comodità e non da necessità". La lavoratrice, del resto, poteva prendere l'autobus, la cui fermata era "a pochi decine di metri dal posto di lavoro. Non solo, dato il momento di luce naturale, il clima mite, e le normali condizioni di salute della donna il percorso a piedi non poteva ritenersi causa di fatica o di rischi eccessivi".
Avv. Gabriele Fava