La carta di debito nominativa è un voucher
A cura della redazione
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 5 del 15 gennaio 2025, ha precisato che può essere riconosciuta alla carta di debito assegnata ai dipendenti la funzione di documento di legittimazione di cui all’art. 51, c. 3-bis del TUIR, con la conseguenza che l’acquisto dei beni e servizi deve rispettare il limite di 258,23 euro (elevato anche per il 2025 a 1.000 euro e a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico).
All’Agenzia delle entrate è stato chiesto se potesse essere considerato un voucher cumulativo (ex DM 25/03/2016) e quindi fruire del regime fiscale previsto dall’art. 51, c. 3 del TUIR, la carta di debito attribuita ai dipendenti da utilizzare, attraverso un provider, per la fruizione di beni e servizi, messi a disposizione del datore di lavoro, nel limite di budget di spesa figurativo assegnato.
L’Agenzia delle entrate, ricordando le caratteristiche che i voucher monouso o collettivi devono avere, evidenziate anche nella circolare 28/E del 2016, ha precisato che, tenuto conto dei vincoli di spesa conformi al massimale previsto dalla legislazione vigente in materia di fringe benefit e delle modalità di utilizzo della carta presso un numero determinato di esercenti nei settori preventivamente individuati dall'Istante come potenziali erogatori di fringe benefit per i propri dipendenti, è possibile riconoscere alla carta di debito assegnata ai dipendenti dell'Istante la funzione di documento di legittimazione ai sensi del comma 3 bis dell'articolo 51 del Tuir.
Pertanto, l'Istante, in qualità di sostituto d'imposta, sull'importo utilizzato dai propri dipendenti per l'acquisto dei beni e servizi previsti dal piano di welfare non è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo d'acconto ai sensi dell'articolo 23 del decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
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