La cessione di beni ai propri dipendenti a prezzo di costo, a seguito di apposite convenzioni che il datore di lavoro stipula con aziende terze fornitrici, va tenuta distinta dagli acquisti di prodotti aziendali a prezzi concorrenziali che i lavoratori possono effettuare direttamente presso lo spaccio aziendale.

Infatti ai sensi dell’art. 51, co. 3, DPR 917/86, nel caso di cessione di beni ai dipendenti trovano applicazione le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi descritte all’art. 9 del predetto decreto.

Pertanto costituisce bene in natura e quindi soggetto a tassazione, il suo valore normale.

Tale criterio trova applicazione anche nel caso di beni e servizi acquistati dal datore di lavoro ad un prezzo più basso rispetto al valore normale dei medesimi, in virtù di specifiche convenzioni.

L’Agenzia delle entrate (Ris. 26/E del 2010) ha precisato che “in conformità alla regola generale prevista dall’art. 9, comma 3 (che tiene conto, ai fini della determinazione del valore normale, anche degli sconti d’uso) si può, peraltro, ritenere che il valore normale di riferimento, per i beni e servizi offerti dal datore di lavoro ai dipendenti, possa essere costituito dal prezzo scontato che il fornitore pratica sulla base di apposite convenzioni ricorrenti nella prassi commerciale, compresa l’eventuale convenzione stipulata con il datore di lavoro.”

In aggiunta, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 23 dicembre 1997, n. 326/E, par. 2.3.1., ha chiarito che “se, invece, per la cessione del bene (anche in caso di bene prodotto dall’azienda e ceduto al dipendente) o per la prestazione del servizio il dipendente corrisponde delle somme (con il sistema del versamento o della trattenuta), sarà necessario determinare il valore da assoggettare a tassazione sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del servizio”.

Situazione diversa invece quella degli acquisti fatti dal dipendente negli spacci aziendali.

Infatti, sempre la circolare 326/E del 1997 ha precisato che la disposizione esonerativa (ossia l’art. 51, c.2, lett. f) del TUIR) si applica alle somme destinate dal datore di lavoro alla costituzione degli spacci aziendali, ma i successivi acquisti da parte dei dipendenti costituiscono mere operazioni commerciali e, quindi, sono irrilevanti ai fini della tassazione del reddito di lavoro dipendente, anche se avvengono a prezzi scontati.