Imposte: le sanzioni si applicano sulla differenza tra il dovuto e il parzialmente versato
A cura della redazione
L’Agenzia delle entrate, con la circolare 2/08/2013 n.27E, ha precisato che il contribuente che versa entro il termine di 30 giorni dalla scadenza delle imposte quanto dovuto senza la maggiorazione dello 0,40% integra la fattispecie dell’omesso versamento parziale e non quella del ritardato pagamento, con la conseguenza che la sanzione del 30% deve trovare applicazione sulla differenza tra quanto versato (imposte) e quanto effettivamente dovuto (imposte più maggiorazione).
L’Agenzia delle entrate infatti richiama un precedente intervento (CIrc. 192E/1998) con il quale aveva precisato che il versamento effettuato nel più ampio termine (entro 30 giorni dalla scadenza) risulta tempestivo se l’obbligazione tributaria avviene nei termini mediante il pagamento dell’imposta incrementata di un importo pari allo 0,40% che si configura come parte del tributo medesimo.
In sostanza la maggiorazione applicata all’imposta rappresenta il corrispettivo che il contribuente deve versare a seguito del vantaggio che trae dal differimento del versamento del tributo nel termine lungo.
Poiché la maggiorazione a titolo di interesse deve essere versata congiuntamente con l’imposta dovuta, aggiungendosi a questa, senza alcuna distinzione di codice tributo, ne consegue che è dovuta un’imposta maggiore rispetto a quella inizialmente calcolata perché versata nel c.d. termine lungo. Se alla scadenza viene versata solo l’imposta e non anche la maggiorazione, il versamento non è da considerarsi tardivo tout court, ma semplicemente insufficiente. La sanzione in misura ordinaria pari al 30% dell’importo non versato deve quindi essere calcolata sulla differenza tra quanto versato nel termine lungo e quanto effettivamente dovuto e non sull’intero importo dato dall’imposta (già versata) più la maggiorazione.
In sostanza, non rileva stabilire se il contribuente ha versato solo l’imposta e non anche la maggiorazione, proprio perché, non potendosi distinguere i due importi, che vengono versati con lo stesso codice tributo, il versamento si intende nel suo complesso insufficiente.
Per regolarizzare l’errore il contribuente può avvalersi dell’istituto del ravvedimento. In particolare la regolarizzazione può avvenire, entro 30 giorni dalla scadenza del c.d. termine lungo, versando: quanto dovuto a titolo di tributo (compresa la maggiorazione dello 0,40%); gli interessi moratori calcolati al tasso legale maturati dalla scadenza del termine lungo fino al giorno dell’effettivo pagamento e la sanzione ridotta pari al 3% dell’importo versato in ritardo (tributo + maggiorazione). Se invece la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, allora il contribuente sarà tenuto a versare: quanto dovuto a titolo di tributo (compresa la maggiorazione dello 0,40%), gli interessi moratori calcolati al tasso legale maturati dalla scadenza del termine lungo al giorno dell’effettivo pagamento e la sanzione ridotta pari al 3,75% dell’importo versato in ritardo.
L’Agenzia delle entrate affronta anche la questione relativa all’erronea determinazione dell’importo che deve essere sanato con il ravvedimento. Sul punto la circolare precisa che il ravvedimento si intende perfezionato, anche se solo parzialmente, nel caso in cui il contribuente non abbia versato l’intero importo dovuto entro la scadenza del termine per il ravvedimento medesimo.
Il giorno dal quale devono farsi decorrere i termini per il ravvedimento va individuato nel 16 giugno o 16 luglio (ossia il giorno che il contribuente ha scelto per effettuare il versamento). Se invece non è stato versato alcun importo, il termine cui far riferimento per il calcolo delle somme dovute con il ravvedimento, è la sua data naturale di scadenza, ossia il 16 giugno.
Una volta scaduti i termini per il ravvedimento, l’eventuale somma che residua non potrà beneficiare della riduzione delle sanzioni previste dal DLgs 472/1997.
Se in sede di ravvedimento viene effettuato un versamento complessivamente inferiore a quanto dovuto a titolo di imposta, sanzioni e interessi, il ravvedimento potrà ritenersi perfezionato solo per quella parte dell’imposta proporzionata al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo. Non rileva il fatto che nel mod. F24 imposta, interessi e sanzioni vanno indicati separatamente.
L’ultima questione affrontata riguarda il versamento di imposte in misura inferiore rispetto a quelle che hanno formato oggetto di accertamento da parte del fisco. In questo caso l’acquiescenza all’avviso di accertamento non si ritiene perfezionata, con la conseguente iscrizione a ruolo degli importi non versati e delle sanzioni irrogate in misura intera.
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