Impatriati: non più necessario il collegamento funzionale
A cura della redazione

L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 66 del 6 marzo 2025, ha precisato che non è necessario che il lavoratore sia in possesso dei requisiti richiesti dalla norma sul nuovo regime degli impatriati al momento del rientro in Italia, potendo gli stessi maturare anche successivamente.
In tal caso, il contribuente potrà applicare il nuovo regime al ricorrere dei predetti requisiti per i residui periodi d'imposta di fruizione dell'agevolazione, che si applica per ciascun periodo d'imposta in cui i requisiti sussistono.
Nel caso esaminato dall’Agenzia delle entrate, un cittadino iscritto all’Aire dal 2020 ha lavorato all’estero fino al mese di dicembre 2024 e poi per lo stesso datore di lavoro straniero, continua a prestare attività lavorativa, ma dall’Italia, per i primi tre mesi del 2025, come frontaliere e in smart working. Dal mese di aprile, invece, verrà assunto da un nuovo datore di lavoro.
All’Agenzia delle entrate ha chiesto se può fruire del nuovo regime degli impatriati.
L’Agenzia delle entrate, dopo aver riepilogato la nuova disciplina contenuta nel Dlgs 209/2023, giunge alla conclusione che l’istante non può fruire del nuovo regime degli impatriati con riferimento ai redditi derivanti dall’attività svolta per i primi 3 mesi del 2025, alle dipendenze del medesimo datore di lavoro straniero per il quale ha lavorato all’estero dal 2020, dato che la norma richiede che per fruire del beneficio fiscale è necessario un periodo di permanenza all’estero, in questo caso, di 6 periodi d’imposta. L’istante invece ne ha trascorsi all’estero solo quattro.
L’Istante invece potrà fruire del regime degli impatriati, in relazione al reddito di lavoro dipendente derivante dall’attività che verrà svolta presso il nuovo datore di lavoro, a decorre dal mese di aprile 2025. Ciò perché, in questo caso, trattandosi di un datore di lavoro diverso da quello per il quale era impiegato prima del rientro in Italia, è sufficiente che la permanenza all’estero sia di tre periodi d’imposta.
L’Agenzia delle entrate coglie l’occasione per evidenziare che il requisito dell’elevata qualificazione o specializzazione, che il lavoratore deve possedere, oltre agli altri requisiti richiesti dalla norma, è soddisfatto con il possesso, in via alternativa, del titolo di istruzione oppure di una qualificazione professionale, mentre non è richiesto che venga esercitata, né prima né dopo il trasferimento, la corrispondente attività professionale.
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