Secondo il rapporto Censis-Eudaimon 2018, il welfare aziendale si configura come una delle innovazioni più significative per contribuire a restituire sicurezza al lavoratore che non ottiene più servizi dallo Stato. Questo obbiettivo è capace anche di mobilitare risorse aggiuntive, di potenziare il potere d’acquisto delle risorse, sia pubbliche che private, che già sono in campo. Questa conclusione parte dal fatto che il welfare pubblico da sempre ha tutelato gli italiani sul piano della sanità, della previdenza, dell’istruzione e dell’assistenza sociale, spianando così la strada all’assunzione di altri rischi dal fare impresa all’accensione di mutui per l’acquisto della casa, decisivi per raggiungere i più alti livelli di benessere. Ma la crisi di bilancio che ha investito il nostro paese a seguito della più generale crisi economica del 2008 e anni successivi, ha eroso anche il sistema di welfare pubblico rendendolo sempre meno capace di rispettare le sue mission di base, ossia dare sicurezza ai cittadini, contenere le disuguaglianze e promuovere la coesione sociale. Così sono emersi deficit evidenti del welfare pubblico, come la crescente asimmetria tra i bisogni sociali e la matrice dei servizi che lascia senza copertura molte persone in difficoltà e la conseguente sovraesposizione economica delle famiglie chiamate a integrare i vuoti assistenziali. Per far comprendere questa situazione è sufficiente un dato: da uno studio effettuato è risultato che in un anno i cittadini hanno speso di tasca propria per l’acquisto di servizi e interventi di welfare oltre 70 miliardi di euro, dalla sanità all’assistenza sociale all’istruzione dei figli. Non sorprende quindi che per il 74,8% dei lavoratori italiani il welfare sociale pesi in modo consistente sul bilancio della propria famiglia, sino a diventare in alcuni casi una minaccia per la sostenibilità economica della famiglia stessa. E si moltiplicano le aree e gli ambiti di vita che lavoratori e altri cittadini sentono come non coperti e per i quali vorrebbero una qualche forma di protezione. Più precisamente i lavoratori italiani si sentono insicuri rispetto al rischio di perdita del lavoro, alla disoccupazione e alle difficoltà reddituali (45,9%), alla insorgenza di malattie (33,9%), alla morte prematura dei portatori di reddito della famiglia (29,4%), a eventi avversi che possono colpire la propria abitazione come esplosioni, incendi, atti vandalici, furti (27,7%), alla non autosufficienza (25,3%), agli infortuni sul lavoro (19,6%), all’essere insolventi rispetto al mutuo per la casa o altri prestiti in caso di morte, di inabilità o incapacità di svolgere il lavoro (13,8%). E’ su questi ambiti che può diventare utile l’intervento del datore di lavoro attraverso l’adozione di piani di welfare aziendale che riconoscono ai lavoratori benefit in grado di ridare quella sicurezza e tranquillità economica prima riconosciute dallo Stato.