La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13087 del 5 giugno 2009, ha stabilito che l'azienda che decide di far rientrare il dipendente da una propria sede estera deve tenere in considerazione le esigenza personali del lavoratore e della sua famiglia.
Tali esigenze devono, altresì, essere fatte presenti dallo stesso lavoratore in occasione della valutazione del suo trasferimento.
Nella fattispecie da qua, la Suprema Corte ha respinto il ricorso di un istituto di credito, già condannato al pagamento delle differenze retributive nei confronti di un proprio dipendente trasferito da una sede estera in Italia e, successivamente, licenziato, perché il provvedimento era stato adottato senza rispettare i criteri e le garanzie previste dal CCNL (l'art. 56 del contratto collettivo condiziona il potere di trasferimento all'espletamento di una procedura di valutazione della situazione del lavoratore ai fini di una corretta equiparazione con gli interessi dell'azienda).