Come noto, tra i flexible benefit che possono essere inseriti nel piano di welfare aziendale predisposto dal datore di lavoro, vi sono anche i servizi che prevedono il trasporto dei dipendenti dal luogo di abitazione fino a quello di lavoro e viceversa.

Infatti, come previsto dall’art. 51, c. 2, lett. d) del TUIR, non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi, ivi compresi gli esercenti servizi pubblici.

Più precisamente si tratta di servizi di trasporto collettivo per lo spostamento dei dipendenti dall’abitazione o da un apposito centro di raccolta alla sede di lavoro e/o viceversa.

Come sottolineato dalla circolare 326/E/1997 affinché tale servizio non rilevi come reddito di lavoro dipendente è necessario che il trasporto sia rivolto alla generalità dei dipendenti o ad intere categorie di dipendenti. Ciò significa che il datore di lavoro non può prevedere il servizio di trasporto per un solo dipendente, a meno che il lavoratore in questione non sia l’unico che in quel determinato momento ricade in una specifica categoria. Si pensi al caso in cui il servizio venga istituito per la categoria dei quadri e in azienda ve ne sia uno solo.

Non importa, invece, se il servizio sia prestato direttamente dal datore di lavoro, attraverso l’utilizzo di mezzi di proprietà aziendale o dallo stesso noleggiati, ovvero sia fornito da terzi sulla base di apposite convenzioni o accordi stipulati dallo stesso datore di lavoro.

Infatti, affinché operi l’esenzione fiscale e contributiva è necessario che il rapporto contrattuale si instauri direttamente fra il datore di lavoro e l’impresa di trasposto. Quindi non possono essere rimborsate le spese sostenute direttamente dal lavoratore.

Tra i soggetti terzi che possono fornite il servizio di trasporto rientrano anche le società che gestiscono il servizio pubblico urbano ed extraurbano presenti nel luogo in cui si trova l’azienda oppure il servizio taxi, rimanendo comunque fermo il principio che la prestazione, ai fini della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, deve essere resa in modo collettivo.

Eventuali indennità sostitutive del servizio di trasporto sono assoggettate interamente a tassazione.

Ricadono invece nell’art. 51, c. 2 lett. d-bis), gli abbonamenti di trasporto pubblico locale (c.d. Buoni TPL) che permettono al dipendente di usufruire del servizio di trasporto anche per percorsi estranei al tragitto casa-lavoro e in giorni non lavorativi.

La citata norma, introdotta nel TUIR dall’art. 1, c.28, lett. b) della Legge di Bilancio 2018, prevede, infatti, che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente le somme erogate o rimborsate alla generalità  o  a categorie  di  dipendenti  dal  datore  di  lavoro  o  le  spese da quest’ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di  regolamento  aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il  trasporto pubblico  locale, regionale e interregionale del dipendente e  dei  familiari  indicati nell’art. 12 che si trovano nelle condizioni previste nel c. 2 del medesimo art. 12.