Il Sud “ha fame” di informazione e formazione sul welfare aziendale
A cura della redazione

Ovunque, se la forza lavoro è serena ed appagata per l’attività che svolge quotidianamente, la si esercita con più impegno, dedizione e professionalità.
È questo l’obiettivo che si prefigge il welfare aziendale ed è questo il motivo per cui sempre più aziende focalizzano la loro attenzione su questa tematica, che porta una ventata nuova in azienda aumentando produttività, benessere e migliorando il clima organizzativo, aumentando, altresì, la socializzazione tra gli addetti.
Approfonditi studi della tematica welfare evidenziano come le imprese attive riescano a trarne vantaggi e a migliorare le prestazioni del proprio personale e allineandosi così nella convinzione nel non avere dubbi che si tratti di una leva strategica nell’ambito della gestione d’impresa.
Il welfare è entrato di fatto, grazie alla Legge di Stabilità del 2016, tra gli strumenti messi a disposizione dal Governo per agevolare la produttività delle aziende.
Infatti, i premi di risultato contrattati a livello aziendale o territoriale che vengono erogati per un miglioramento tangibile di produttività, redditività, qualità, o innovazione possono beneficiare della completa detassazione e decontribuzione, qualora il dipendente decida di convertirne le somme in servizi di welfare aziendale.
La forza di questa politica è legata all’effettiva conoscenza dello strumento da parte di tutte le parti coinvolte, ma si registra, purtroppo, che una parte dell’Italia sia ancora fondamentalmente all’oscuro dei vantaggi offerti.
Le responsabilità maggiori sono da attribuire al ruolo centrale delle parti sociali e all’importanza (e carenza) dell’informazione.
I sindacati e gli imprenditori sono tra i principali protagonisti di questo cambiamento culturale e organizzativo.
Una corretta stipula dell’accordo è infatti possibile solo quando le parti si confrontano con la conoscenza della materia e onestà intellettuale dei propri limiti sulla tematica. Se l’accordo viene “ricucito” sull’’azienda da mani esperte nelle rappresentanze datoriali e sindacali, allora può davvero portare benefici concretamente interessanti a tutte le parti coinvolte.
Da analisi effettuate da società specializzate su circa 400 aziende, con un radicamento territoriale centro-meridionale, si evince che la sola diffusione del welfare aziendale arriva solo al 15% ca. nelle regioni: Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, arrivando, a fatica, ad erogare piani di Welfare Aziendale in Flexible Benefit. Fattore emerso è che questi piani sono finanziati solo per la metà da Premi di Risultato, mentre il 30% delle erogazioni obbligatorie collegate alle previsioni del CCNL Metalmeccanico.
Si deduce che le percentuali così contenute al Sud sono dovute alla presenza di molte imprese di piccole dimensioni e che non rientrano nelle logiche della contrattazione. Le PMI faticano a strutturare piani di welfare aziendale, ma esistono esempi di imprese, analoghe per settore o territorio, che hanno messo insieme le forze per sviluppare piani di welfare condivisi.
Una soluzione interessante, pertanto, potrebbe essere quella di creare un “welfare di rete” che metta insieme soggetti diversi con le stesse esigenze, creare un piccolo network e affrontare in maniera condivisa i costi della gestione e accesso ad una piattaforma comune.
Grande importanza è da attribuirsi anche alla formazione e l’informazione.
In un mercato del lavoro la cui evoluzione è rapidissima ed incessante, il soggetto più bisognoso di informazione e formazione resta il lavoratore stesso, chiamato ad un ruolo attivo nella scelta di conversione deli premio di risultato in servizi di welfare aziendale.
A lui l’onere (e piacere) della selezione dei flexible benefits, per il quale necessitano informazioni necessarie ad effettuare una scelta consapevole.
Risulta dunque fondamentale istruire i fruitori dei contenuti di un piano di flexible benefits, oltre al dover loro illustrare la tipologia di servizi offerti e le loro caratteristiche. Importante che il lavoratore sappia quali spese possono essere rimborsate e quali servizi devono essere erogati direttamente dal datore di lavoro e quali sono i beneficiari per i quali possono essere sostenute queste spese.
Una scelta consapevole, dovrebbe anche essere accessoriata da una formazione fiscale, anche se molto basica: dai vantaggi fiscali ai possibili casi contributivi, dati dall’esclusione dal reddito delle somme fruite in welfare, con la necessità che i dipendenti prendano coscienza dei meccanismi agevolativi messi a loro disposizione dal sistema fiscale italiano.
Il welfare aziendale risulta uno strumento fondamentale nel cambiamento della natura del rapporto di lavoro e non va inteso solo come una occasione di puro risparmio di costi, ma come leva della gestione del personale, delle relazioni industriali e del benessere aziendale al fine di introdurre una nuova politica retributiva in azienda.
Importante è lo sprone e il coinvolgimento di tutti gli “attori coinvolti” e che si relazionano con le imprese del centro-sud, che possano stimolare una riflessione anche in quelle realtà che non hanno fino ad ora, evidentemente per ignoranza e/o distrazione sulla tematica, affrontato serenamente le particolarità del welfare aziendale.
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