L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 307 del 3 settembre 2020, ha chiarito che il cittadino straniero, ricercatore che, dopo aver svolto la medesima attività in altri Paesi, dal 1° gennaio2020, si è trasferito in Italia per svolgere l'attività di "ricercatore a tempo determinato di tipo B" presso un'università italiana ha diritto, in presenza di tutti i requisiti di legge, all’agevolazione fiscale di cui all’art. 44 del D.L. 78/2010.

Allo scopo, si ricorda che il c. 1 del citato art. 44 prevede che «Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato».

Per ciò che concerne, in particolare, il requisito della attività all'estero, la norma richiede che essa sia stata svolta presso una università o un centro di ricerca, pubblico o privato, mentre, per quanto riguarda l'attività da svolgere in Italia, non dispone nulla in merito ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti dei docenti e ricercatori.

Si deve, pertanto, ritenere che non assuma rilievo la natura del datore di lavoro o del soggetto committente, che, per l'attività di ricerca, può essere un’università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato o una impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca (Cfr. circolare 8 giugno 2004, n. 22).