ExtraUe, escluso il reato con il permesso di soggiorno "generico"
A cura della redazione
Il Tribunale di Rovereto, con la sentenza n. 59 del 1 aprile 2010, ha stabilito che non è punibile il datore di lavoro che assume alle proprie dipendenze un lavoratore straniero munito di permesso di soggiorno ''generico''.
L’imputato era accusato del reato previsto dall’art. 22, comma 12, del D. Lgs. n. 286 del 1998 (T.U. immigrazione) per aver occupato alle proprie dipendenze un cittadino straniero privo del permesso di soggiorno. Dall’istruttoria emergeva che l’imputato aveva assunto lo straniero seguendo la procedura “rituale”, previa acquisizione dei documenti di identità e del permesso di soggiorno, ancorché “generico” (vale a dire non rilasciato nello specifico per motivi di lavoro), dello stesso, e successiva trasmissione della comunicazione obbligatoria all’Ufficio del lavoro.
Non si trattava dunque di una rapporto di lavoro “sommerso” o comunque caratterizzato da clandestinità tout court.
La questione giuridica rilevante attiene viceversa alla natura del permesso di soggiorno posseduto dall’imputato, trattandosi di un permesso di soggiorno c.d. “generico”, rilasciato ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 286 del 1998, che non consente lo svolgimento di attività lavorativa in Italia.
Si tratta dunque di stabilire se ad essere punite dall’art. 22, comma 12, del D. Lgs. n. 286 del 1998, siano esclusivamente le assunzioni di stranieri irregolari privi in assoluto del permesso di soggiorno ovvero se siano altresì punite le assunzioni di stranieri regolari, ma privi dello speciale permesso di soggiorno che consente il lavoro in Italia.
Nel caso in esame infatti le modalità di assunzione effettuate dall’imputato, rispettose di tutti gli adempimenti previsti dalla leggi in materia di lavoro, erano tali da rendere manifesta la sua “buona fede”.
Il giudice ha così ritenuto che questi fosse semplicemente caduto in errore nel ritenere lo straniero in possesso di un permesso di soggiorno che lo abilitasse alle prestazioni lavorative nel nostro paese. Da qui, l’assoluzione dell’imputato con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.