Emergenza Covid-19: un aiuto può arrivare anche da piani welfare
A cura della redazione
Le aziende che hanno adottato o intendono adottare piani welfare, devono tener conto dello stato di emergenza epidemiologica derivante da Covid-19 che sta interessando anche il nostro Paese, al fine di offrire concreti aiuti ai lavoratori e alle loro famiglie.
Andando nel concreto, la chiusura delle scuole ha dato origine inevitabilmente al problema della gestione dei figli, soprattutto nel caso in cui i genitori non possono prestare attività lavorativa da casa ricorrendo allo smart working.
In questo caso un possibile aiuto potrebbe essere la fornitura di baby-sitter, anche in aggiunta al c.d. bonus baby sitter pari a 600 euro previsto dal DL 18/2020.
Inoltre, alla chiusura prolungata delle scuole gli insegnanti hanno reagito ricorrendo alla didattica online. Ma non tutte le famiglie sono dotate di strumenti informatici.
Il datore di lavoro in questo caso potrebbe dotare i lavoratori di PC e tablet da utilizzare per tutto il periodo emergenziale.
Nei piani welfare è possibile prevedere anche il supporto scolastico con ripetizioni e corsi di recupero da svolgersi, durante lo stato di emergenza, esclusivamente online.
Se lo stato di emergenza (attualmente previsto in sei mesi decorrenti dal 31 gennaio 2020) dovesse continuare fino al 31 luglio p.v., lo stesso impatterà sicuramente sui campus estivi e sulle vacanze studio eventualmente comprese nei programmi di welfare aziendale.
A tal proposito sarà utile procedere alla sospensione delle iscrizioni oppure differire le scadenze delle medesime.
Oltre a queste iniziative, i piani welfare potrebbero anche contenere misure di supporto psicologico ai soggetti in situazione di fragilità. Infatti se all’incertezza incombente sulla società italiana si aggiunge la preoccupazione sulla salute, si ottiene un quadro in cui il sostegno psicologico può diventare importante.
C’è poi tutto l’ambito dell’assistenza ai famigliari anziani e disabili.
Il DL 18/2020 ha previsto l’aggiunta di 12 giorni (complessivamente per i mesi di marzo e aprile) ai 3 giorni previsti dalla Legge 104/1992. Però questi potrebbero non bastare.
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